TROVATA VITA SU MARTE. UN GIORNO STORICO.
- Andrea
- 28 sept.
- 10 min de lecture
Il 10 settembre 2025 la NASA ha sorpreso il mondo con un annuncio: nel cratere Jezero, su Marte, il rover Perseverance ha trovato indizi che potrebbero rimandare a tracce di vita antica.
Ma cosa è stato davvero scoperto? E soprattutto: quanto possiamo fidarci?
Per la prima volta, l’ipotesi della vita non è la più improbabile. Eppure la prudenza resta d’obbligo: non sarebbe la prima volta che un indizio promettente si rivela un miraggio.
Il 10 settembre 2025, la NASA ha tenuto una conferenza stampa in cui ha annunciato la scoperta di tracce di vita su Marte.
Quindi? Questa volta l’abbiamo finalmente trovata questa prova dell’esistenza di vita extraterrestre?
Forse…
UNA SCOPERTA STORICA.
Avrete notato che questo canale tende a non trattare temi troppo recenti o di attualità. I miei episodi sono quasi tutti incentrati sulla condivisione di nozioni scientifiche sulle quali è già colato molto inchiostro.
E c’è un motivo per questo (di cui magari parleremo a fine video con chi avrà voglia di restare a far 2 chiacchiere fuori contesto), ma questa volta la tentazione di voler discutere di questo annuncio recente è troppo grande per chiunque sia appassionato di scienze. Nei vostri commenti ho letto di come, in questi giorni, avete citato più volte questa notizia che, in effetti, sembra essere una vera bomba di portata storica.
Diciamolo subito, non si tratta di una fake news. Alcuni mass media sono stati più sobri di altri, ma la NASA ha davvero annunciato di aver trovato possibili indizi di vita su Marte. Nelle fonti in descrizione troverete l’annuncio in lingua originale. La notizia è davvero importante nel mondo della ricerca astronomica, e non è da escludere che il 10 settembre 2025 venga ricordato come un giorno storico per la scienza, ma attenzione… perché, come sempre, il diavolo è nei dettagli e le parole hanno un peso nella nostra percezione delle cose.
Parliamone e poi… valutate voi.
UN PASSATO IN COMUNE CON LA TERRA.
Facciamo un passo indietro. Come abbiamo già visto in altri video, la vita sulla Terra fece la sua comparsa in tempi sorprendentemente rapidi. Attorno a 3,9 miliardi di anni fa, all’inizio dell’Archeano, negli oceani del nostro pianeta emersero le prime forme di vita unicellulari procariote. Ma la giovane Terra era tutt’altro che accogliente: le temperature erano estreme, l’atmosfera priva di ossigeno e carica di gas tossici sprigionati da un’intensa attività vulcanica. Inoltre, in assenza dello strato di ozono che deriva dall’ossigeno, la superficie era costantemente investita dalle radiazioni ultraviolette del Sole. In un simile inferno primordiale, nessuna delle forme di vita complesse che conosciamo oggi sarebbe mai potuta sopravvivere.
Eppure, la vita, nella sua forma più semplice, riuscì comunque ad emergere in quelle condizioni estreme. E questo è il motivo per cui molti scienziati ritengono che la comparsa di organismi unicellulari non sia un evento così raro nel Cosmo, nonostante non se ne sia trovata alcuna traccia su altri pianeti, finora.
Ed è proprio a questo punto che lo sguardo si sposta su Marte. Perché circa 4 miliardi di anni fa, durante il suo periodo geologico chiamato “Noachiano”, Marte possedeva condizioni sorprendentemente simili a quelle in cui la vita aveva già preso forma sulla giovane Terra, con vasti oceani, laghi e fiumi.
Poi le cose per Marte andarono diversamente rispetto alla Terra: essendo più piccolo e più lontano dal Sole, il suo nucleo si raffreddò più rapidamente e perse la capacità di generare un campo magnetico. In assenza di questa protezione, già dall’inizio del periodo “Esperiano”, 3,7 miliardi di anni fa, i venti solari erosero l’atmosfera di Marte. Lentamente ma inesorabilmente, l’aria venne spazzata via e dispersa nello spazio, con una conseguente diminuzione della pressione atmosferica. E il problema è che l’acqua, per rimanere allo stato liquido, ha bisogno di una certa pressione, e, con il calo di quest’ultima, gli oceani di Marte evaporarono e le molecole d’acqua vennero spazzate via irreversibilmente nello spazio, insieme agli altri gas atmosferici.
Si stima poi che, a partire dal periodo "Amazzoniano" che si estende da 3 miliardi di anni fa fino ad oggi, Marte si sia trasformato nel freddo deserto che conosciamo, con l’acqua confinata nelle calotte polari o intrappolata sotto la superficie.
Se dunque la vita è mai esistita su Marte, è plausibile si sia trattato soltanto di forme primordiali semplici, durante il Noachiano, quando oceani e laghi ricoprivano ancora la superficie del pianeta.
Ed è questo che le agenzie spaziali pensano e sperano di poter trovare su Marte: non tanto organismi complessi ancora viventi, quanto piuttosto tracce dell’esistenza di forme di vita elementari, ormai estinte, conservate nelle rocce e nei sedimenti del periodo Noachiano.
E, questa volta, sembra che abbiamo davvero trovato tracce silenziose che hanno attraversato i millenni.
TRACCE DI VITA.
Il rover Perseverance è atterrato su Marte il 18 febbraio 2021 e da allora concentra la sua esplorazione nella regione del cratere Jezero. Si tratta di un bacino formatosi a seguito di un impatto e che, durante il Noachiano, era un lago alimentato da un fiume chiamato informalmente Neretva. Proprio nel delta di questo antico corso d’acqua, Perseverance ha raccolto il suo 25º campione, prelevato da una roccia dalle caratteristiche particolari.
Ciò che ha attirato l’attenzione degli scienziati è che su questa roccia si notano delle venature mineralizzate, ovvero delle specie di macchie, che potrebbero essere il risultato di processi chimici interessanti. E il punto chiave è determinare di che origine e di che natura siano questi processi chimici.
Grazie agli strumenti di bordo del rover, il team ha potuto condurre analisi dettagliate e ha individuato due minerali piuttosto rari: la vivianite e la greigite. Sulla Terra, entrambi compaiono spesso in contesti legati a processi biologici: la vivianite è un minerale bluastro che sulla Terra si forma in ambienti ricchi di materia organica in decomposizione, mentre la greigite si trova in sedimenti poveri di ossigeno dove microrganismi riducono composti dello zolfo.
Gli studiosi hanno valutato le varie ipotesi conosciute che potrebbero spiegare la presenza di questi minerali, senza implicare la vita. La prima ipotesi è una semplice ossidoriduzione del ferro: un processo comune, ma… poco convincente in questo caso, perché nel campione non si trovano gli altri reagenti necessari a sostenerlo.
Un’altra possibilità è l’ossidazione di pirite, un minerale di ferro e zolfo. Ma anche per questa ipotesi i conti non tornano, innanzitutto perché non sembra esserci pirite nella zona, ma soprattutto perché la reazione richiederebbe un ambiente molto acido, ben lontano dai valori di pH misurati nella zona.
In ultimo, si potrebbe pensare anche a una riduzione (che per semplificare è il processo inverso dell’ossidazione) dei solfati presenti in quest’area del pianeta. Ma anche qui il problema è che questa reazione richiede temperature piuttosto elevate, molto più alte di quelle stimate per Marte in quel periodo geologico, già molto più freddo della Terra.
Dunque tutte le spiegazioni chimiche conosciute sembrano poco plausibili. Tutte tranne una, l’ultima rimasta: la vita.
Sarebbe fuorviante se ora vi dicessi che la vita è l’ipotesi più probabile, perché non è questo che dicono nemmeno gli scienziati autori della scoperta, ma diciamo che per una volta, e forse la prima, almeno fino a prova contraria, l’ipotesi biologica non è quella più improbabile, ma addirittura quella che incontra meno ostacoli.
E SE CI SBAGLIASSIMO… ANCORA.
Malgrado l’entusiasmo che, come abbiamo visto, è pienamente giustificato, la NASA invita alla più grande prudenza.
Perché non sarebbe affatto la prima volta che si è avuta l’illusione di aver trovato tracce di vita. Già nel 1976, con le sonde Viking, un esperimento sul suolo marziano (il cosiddetto Labeled Release) sembrò rilevare l’attività di microbi ancora viventi e attivi, ma in seguito la spiegazione che riscosse il più largo consenso fu quella di reazioni chimiche in un terreno fortemente ossidante.
Più recentemente, nel 2014, il rover Curiosity rilevò picchi anomali di metano nell’atmosfera di Marte, un gas che sulla Terra è spesso legato a processi biologici. Anche in quel caso si parlò di possibili microrganismi, ma una spiegazione di origine puramente geologica resta oggi la più accreditata.
E ancora, nel 2020, in un altro video abbiamo parlato della presunta scoperta di fosfina nelle nubi di Venere, che venne inizialmente presentata come una possibile firma biologica, ma che fu poi rapidamente ridimensionata da analisi successive.
E proprio per evitare questi falsi entusiasmi e i titoli sensazionalistici, la NASA e la comunità scientifica hanno deciso di dotarsi di una sorta di linguaggio comune: la scala CoLD, acronimo di Confidence of Life Detection. Introdotta nel 2021, CoLD è una scala a sette livelli che classifica il grado di affidabilità di un potenziale indizio di vita, un po’ come la scala di Torino di cui abbiamo già parlato e che misura il rischio di impatti asteroidali.
Il livello 1 corrisponde al semplice rilevamento di un segnale che potrebbe, in teoria, essere biologico ma che potrebbe altrettanto facilmente avere spiegazioni abiotiche. Man mano che si sale di livello, si escludono gli artefatti strumentali, poi le alternative geochimiche, fino ad arrivare ai livelli più alti, dove diverse linee di prova indipendenti convergono sulla stessa conclusione arrivando così ad un ampio consenso scientifico.
Diciamo che questa scala è un modo per tradurre la prudenza in metodo, evitando di lasciarsi trascinare dall’entusiasmo prima di avere delle prove inconfutabili.
Su una cosa, però, gli scienziati sono tutti d’accordo: per stabilire davvero se quei minerali siano il frutto di processi biologici, sarà indispensabile riportare i campioni sulla Terra.
E questo è l’obiettivo della missione Mars Sample Return: recuperare le provette sigillate dal rover e riportarle qui, dove strumenti più sofisticati potranno analizzarle. Un’impresa mai tentata prima, dall’enorme valore scientifico. Tuttavia, i costi, stimati in decine di miliardi di dollari, hanno già causato diverse esitazioni e molteplici rinvii, ma questa ultima scoperta potrebbe finalmente ridare un nuovo slancio al progetto. Nel frattempo, quei campioni resteranno su Marte ancora per anni, custodendo uno dei tesori scientifici più preziosi del nostro tempo.
LA PUBBLICAZIONE SU “NATURE”.
Questo caso di presunte tracce di vita su Marte è un’occasione perfetta per parlare un po’ di come funzionano le scoperte scientifiche.
Innanzitutto ha la sua importanza precisare che, contrariamente a quanto si legge un po’ ovunque, la novità non risale al 10 settembre 2025. La NASA aveva già comunicato questa scoperta un anno prima, nel luglio 2024. Questo non la rende meno importante, ma diciamo che …. non è niente di nuovo per chi ha l'abitudine di leggere gli articoli della NASA senza passare per l’eco amplificata, e talvolta distorta, dei mass media il cui obiettivo, senza voler giudicare, è quello di vendere letture.
Dunque, l’annuncio del 10 settembre non coincide con la scoperta, ma con la pubblicazione di un articolo sulla rivista Nature. E questo è importante, perché le scoperte scientifiche, quelle vere, sono un processo e non un semplice annuncio. Un processo che vale per chiunque, NASA compresa. Ricordiamocelo.
Nature è una rivista scientifica il cui prestigio deriva dalla sua serietà, e dal suo essere molto scrupolosa sulla qualità e sull’affidabilità degli articoli che pubblica. Ogni articolo, di qualsiasi autore, viene sottoposto alla “peer review”, cioè alla revisione da parte di altri esperti del settore, che valutano la solidità del metodo, la coerenza dei dati, la correttezza delle conclusioni e segnalano eventuali mancanze o punti da chiarire.
E così, dopo la scoperta del 2024, gli scienziati della NASA hanno redatto un articolo dettagliato, sottoposto alla peer review e l’esito è stato positivo: altri ricercatori hanno ritenuto il lavoro abbastanza solido da meritare la pubblicazione su Nature, avvenuta mercoledì 10 settembre 2025.
Siamo a questo punto di una storia che non ha ancora finito di essere scritta. Nel momento in cui registro questo video, l’articolo è appena diventato accessibile alla comunità scientifica su scala mondiale. Da qui in avanti altri studiosi potranno leggerlo, analizzarlo, testarne le conclusioni, confermarle o metterle in discussione. Questa è la scienza: con tutti i suoi limiti, ma anche in tutto il suo valore.
Non annunci sensazionali, e nemmeno affermazioni che pretendono di imporsi solo per l’autorità di chi le pronuncia. La scienza procede attraverso un processo di ricerca, pubblicazione, revisione e dibattito collettivo che, pur restando umano e imperfetto, cerca di trascendere la soggettività del singolo.
Capite quando a volte, in risposta a certi commenti, invito a diffidare non tanto della buona fede, quanto della scientificità di chi non si sottopone a questo percorso, e reagisce alle critiche evocando censura e complotti.
Einstein, di fronte ai numerosi critici della Relatività, non si rifugiò nel vittimismo o nella cosiddetta sindrome di Galileo, ma rispose con prove sperimentali verificabili e decisive che misero tutti a tacere.
Credere è una scelta istantanea. Sapere è un processo che richiede tempo, pazienza e fatica.
CONCLUSIONE.
La scoperta annunciata dalla NASA non è una prova definitiva di vita su Marte. Ma è un indizio, forse il più promettente mai raccolto finora, poiché tra le varie spiegazioni possibili dei processi chimici osservati, l’ipotesi biologica appare come quella con meno ostacoli. E abbiamo visto che questa notizia non è un punto di arrivo, ma solo l’inizio di quel lungo processo che è la scienza. Con ogni probabilità, la conferma o la smentita dell’ipotesi della vita non potrà prescindere dal riportare i campioni sulla Terra, e ci vorranno anni…
Ed è a questo punto che vorrei condividere con voi una riflessione un po’ più ampia. Come vi dicevo in apertura, di solito questo canale evita di inseguire notizie fresche dell’ultima ora e argomenti troppo recenti. Il motivo adesso dovrebbe esservi chiaro: la scienza ha bisogno di tempo. Tempo per passare dall’indizio alla prova, dall’ipotesi alla conoscenza condivisa.
Chi, come me, non è un ricercatore direttamente coinvolto in questi studi, deve avere prudenza nel trattare temi contemporanei su cui la storia non ha ancora emesso sentenza. Ciò che troverete nei miei video non saranno mai rivelazioni, ma soltanto racconti che vogliono rendere accessibile ciò che altri hanno già scoperto, discusso e verificato. Di mio, soltanto la narrazione e qualche riflessione personale come questa, che ovviamente non ha nessun valore scientifico.
La mancanza di questa prudenza porta a scenari che abbiamo vissuto tutti. Durante la pandemia per esempio, quando chiunque avesse visibilità mediatica si è sentito in dovere di esprimersi, e opinioni e affermazioni hanno iniziato a correre più veloci delle verifiche.
E lo vediamo anche ogni qualvolta interessi economici, politici o personali cercano di forzare i tempi della scienza.
La stessa prudenza si impone per domande alle quali, con ogni probabilità, nessuno al mondo potrà mai dare una risposta scientifica definitiva. Cosa c’era prima del big bang? Esistono altri universi oltre al nostro? Oppure dai… diciamola pure… la grande questione dell’esistenza di Dio, visto che nei commenti capita che mi si chieda un’opinione (o che più spesso me ne si attribuisca una). Ovviamente è una questione che nessuno può dire di aver risolto. Sappiamo solo che non esistono, e forse non esisteranno mai, prove scientifiche capaci di dimostrare o escludere l’esistenza di Dio. E la fede è un’altra cosa: per definizione non ha bisogno di prove, ed è una scelta intima e legittima di ciascuno, fondata su ciò che sente, indipendentemente da ciò che sa.
La scienza non parla di Dio, e Dio non ha bisogno della scienza per esistere.
Sospendere il giudizio non significa chiudere la porta, bensì tenerla aperta ai tempi della scienza e della storia.
Nel frattempo, cari amici, siate sereni nell’essere coscienti di non sapere: è il primo passo verso la conoscenza. Il secondo... è continuare ad appassionarvi di scienze. A presto.
FONTI:
https://www.nature.com/articles/d41586-025-02597-5
https://www.nasa.gov/news-release/nasa-says-mars-rover-discovered-potential-biosignature-last-year/
https://www.jpl.nasa.gov/news/nasas-perseverance-rover-scientists-find-intriguing-mars-rock/
https://www.nature.com/articles/s41586-025-09413-0
https://en.wikipedia.org/wiki/Geological_history_of_Mars
https://en.wikipedia.org/wiki/Mars
https://en.wikipedia.org/wiki/Perseverance_(rover)
https://www.reuters.com/science/nasa-rover-finds-potential-sign-ancient-life-martian-rocks-2025-09-10
https://time.com/7316375/nasa-perseverance-rover-discovery-life-on-mars
https://www.theguardian.com/science/2025/sep/10/unusual-compounds-in-rocks-on-mars-may-be-sign-of-ancient-microbial-life
https://science.nasa.gov/mission/mars-sample-return/
https://www.youtube.com/watch?v=-StZggK4hhA&t=1058s




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