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TRACCE DI VITA SU MONDI GHIACCIATI.

  • Photo du rédacteur: Andrea
    Andrea
  • 14 sept.
  • 12 min de lecture

Da sempre l’umanità si interroga: siamo davvero soli nell’universo?

Per rispondere, non dobbiamo guardare troppo lontano: forse le risposte si celano proprio nel nostro sistema solare.


Europa, luna di Giove, ed Encelado, luna di Saturno, sono mondi gelidi, nascosti sotto spesse croste di ghiaccio. Eppure, sotto quelle superfici inospitali, gli scienziati hanno scoperto oceani di acqua salata, fonti di calore e persino molecole organiche: gli stessi ingredienti che, sulla Terra, hanno reso possibile la vita.


Dalle osservazioni di Galileo alle sonde Voyager e Cassini, fino alle missioni più recenti e a quelle in arrivo nei prossimi anni, il nostro sguardo ha iniziato a penetrare quei mondi lontani, raccogliendo indizi sempre più forti.


Ma “abitabile” non significa “abitato”: le prove definitive ancora mancano. Eppure, tra i geyser di Encelado e i ghiacci di Europa, potrebbe celarsi la scoperta più straordinaria di tutte: la conferma che non siamo soli… e che, forse, non lo siamo mai stati.




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È strano pensare che nella vastità del sistema solare, vi sia un solo pianeta, la Terra, dove la vita prospera e si evolve in maniera inarrestabile da 4 miliardi di anni, mentre su tutti gli altri mondi non abbiamo trovato nemmeno l’ombra di un microbo. Finora.


Perché la scienza ci ricorda che abbiamo esplorato solo una minima parte del sistema solare e che la partita della ricerca di vita là fuori… è ancora tutta da giocare.




LA VITA NEL SISTEMA SOLARE.


La maggior parte delle missioni spaziali ha l’obiettivo, diretto o indiretto, dichiarato o implicito, di contribuire alla ricerca di vita extraterrestre, o quantomeno alla comprensione dei meccanismi della sua comparsa, e quindi alla valutazione delle probabilità della sua esistenza nel cosmo. La vita è il Santo Graal della ricerca astronomica.


Nello spazio profondo, con ogni probabilità, non metteremo mai piede. E anche se telescopi e strumenti sempre più sofisticati riuscissero un giorno a raccogliere una prova inequivocabile, questa non sarebbe altro che un segnale, una traccia lontana, la manifestazione di una vita che non potremo mai osservare da vicino o, letteralmente, “toccare con mano”.


Sarebbe comunque una scoperta straordinaria, ma… diciamo che la ricerca di vita nel sistema solare ha un carattere più concreto.


Per lungo tempo si è pensato che i migliori candidati fossero i pianeti rocciosi vicini alla Terra. Ma abbiamo visto che Venere è un inferno, e che Marte, per quanto promettente sulla carta, ci costringe a constatare che “abitabile” non significa necessariamente “abitato”. E questo è anche il motivo per cui, tra gli scienziati, aleggia un certo pessimismo riguardo alla possibilità di scoprire forme di vita nel sistema solare. Perché se nemmeno su Marte, un candidato plausibile, l’abbiamo trovata, figuriamoci in mondi più remoti, ai margini del sistema solare, dove già sulla carta le condizioni appaiono proibitive.


Ma ci sono due piccoli mondi, lontani, ghiacciati, a prima vista decisamente inospitali… ma che custodiscono indizi pesanti e che, forse, non solo hanno ospitato la vita in passato, ma potrebbero ospitarla ancora… in questo momento.




LA SCOPERTA DI EUROPA.


Nel 1610 Galileo Galilei osservò 4 corpi celesti in orbita attorno a Giove. Erano quelle che oggi chiamiamo le lune galileiane, battezzate in seguito con i nomi di amanti di Giove nella mitologia greca: Io, Europa, Ganimede e Callisto.


Oggi sappiamo che le lune galileiane sono solo 4 delle 95 lune che nei secoli successivi furono scoperte in orbita intorno a Giove. Per quasi 400 anni, però, di questi satelliti, a parte i movimenti orbitali, si conosceva molto poco e bisognerà attendere l’era delle missioni spaziali per svelarne i segreti. La sonda Galileo, lanciata nel 1989, dopo sei anni di viaggio entrò in orbita attorno a Giove dove rimase fino al 2003, studiando il pianeta e i suoi satelliti per quasi 8 anni consecutivi.


Immagini sempre più ravvicinate e rilevamenti sempre più precisi aprirono la strada a nuove considerazioni su mondi che, fino ad allora, sembravano inimmaginabili. In particolare la più piccola delle lune galileiane, Europa, iniziò a suscitare un enorme interesse nella ricerca di vita extraterrestre.


Nel 2013 il telescopio Hubble riprese immagini di Europa che mostravano tracce interpretabili come pennacchi di gigantesche eruzioni di vapore acqueo. Ipotesi che trovò una conferma 5 anni più tardi, nel 2018, quando gli astronomi riuscirono a dare un nuovo significato ad alcuni dati raccolti proprio dalla sonda Galileo 20 anni prima: un’anomalia nel magnetometro che poteva spiegarsi solo con la presenza di molecole di vapore acqueo ionizzate dalla luce solare. In altre parole, la sonda Galileo aveva attraversato inconsapevole una sorta di geyser che si estendeva fino allo spazio, prova indiretta dell’esistenza di acqua liquida e di una fonte di energia attiva su Europa.


Ma questi getti nello spazio non sono l’unico indizio che sostiene l’ipotesi della presenza di oceani nascosti sotto la crosta ghiacciata di questa luna.


Per esempio, è stato osservato che la rotazione della superficie di Europa non è perfettamente sincronizzata con quella del satellite nel suo complesso. Un punto di riferimento sulla crosta ghiacciata non segue esattamente la velocità di rotazione del corpo celeste stesso, ma accelera quando Europa si avvicina a Giove lungo la sua orbita leggermente ellittica, e rallenta quando se ne allontana.


E ciò non sarebbe possibile se la crosta fosse rigidamente attaccata ad uno strato solido sottostante. Tra la superficie di ghiaccio e l’interno roccioso, deve esserci, per forza, un vasto oceano di acqua liquida sul quale la crosta galleggia e scivola, dando origine a questo movimento anomalo osservato in superficie.




OCEANI SOTTERRANEI E FONTI DI CALORE.


Alla luce degli studi degli ultimi decenni, vi sono ormai pochi dubbi sul fatto che sotto la crosta ghiacciata di Europa si nascondano vasti oceani liquidi. Ma è comunque legittimo porsi due domande:


La prima è come possiamo essere certi che si tratti davvero di acqua e non, magari, di qualche altro liquido meno adatto a sostenere la vita.


La seconda, è come sia possibile che quell’acqua resti allo stato liquido in un mondo tanto gelido, distante quasi 800 milioni di chilometri dal Sole, che riceve appena il 4%, cioè quasi trenta volte meno, della radiazione solare che scalda la Terra, e dove in superficie le temperature medie si aggirano intorno ai -160 gradi.


Alla prima domanda rispondono i dati raccolti dalla sonda Galileo. Avvicinandosi a Europa, ci si sarebbe aspettato che il magnetometro registrasse soltanto l’imponente campo magnetico di Giove. Ma così non fu: gli strumenti registrarono un'insolita interruzione nella struttura del campo magnetico del gigante gassoso proprio in prossimità dello spazio circostante Europa. Un’anomalia spiegabile soltanto con la presenza di grandi quantità di un liquido elettricamente conduttivo all’interno della piccola luna. E il candidato più plausibile è l’acqua salata.


Anche osservazioni più semplici suggeriscono con ragionevole certezza la presenza di acqua. Un esempio è la spettrometria, una tecnica che misura l’intensità e la lunghezza d’onda della luce riflessa da una superficie. Ogni materiale possiede una “firma spettrale” unica, che permette di identificarlo senza bisogno di prelevarne campioni. E la firma spettrale di Europa coincide con quella dell’acqua.


Un’ulteriore conferma si trova nella sua densità di 3,01 g/cm³. La densità di un corpo celeste, ossia il rapporto tra massa e volume, fornisce indizi preziosi sulla sua composizione. Nel caso di Europa, i valori suggeriscono la presenza di un nucleo interno metallico avvolto da un mantello roccioso di silicati, che insieme costituiscono oltre il 90% della luna. Il restante 10% sarebbe invece formato da un vasto oceano, profondo tra gli 80 e i 150 chilometri, ricoperto da una crosta di ghiaccio spessa dai 10 ai 30 chilometri.


Secondo queste stime, nonostante Europa sia leggermente più piccola della nostra Luna, il volume di acqua liquida presente nel suo sottosuolo sarebbe più del doppio di tutta l’acqua degli oceani terrestri.


E per quanto riguarda la misteriosa fonte di calore che permette all’acqua di restare liquida… beh, in realtà si tratta di un processo fisico ben conosciuto: il “tidal heating”, riscaldamento mareale.


L’orbita di Europa è leggermente ellittica e questo la porta ad alternare momenti di maggiore e minore vicinanza a Giove. L’enorme gravità del pianeta gigante comprime e tende la luna in un continuo ciclo di deformazioni. L’attrito generato da questi movimenti interni di rocce e ghiaccio si trasforma in calore, sufficiente a mantenere liquidi gli oceani nascosti sotto la crosta.


Gli effetti di questo fenomeno sono visibili anche in superficie.Le lunghe venature che percorrono Europa per migliaia di chilometri altro non sono che fratture nel ghiaccio, linee di giunzione tra enormi lastre che galleggiano su un oceano profondo e invisibile.

Queste forze mareali sono un cuore pulsante che batte sotto il ghiaccio di Europa, conferendo, forse, la “vita” a questa piccola luna.




LA VITA SU EUROPA.


Vasti oceani di acqua salata e una fonte di calore generata dall’attrito delle forze mareali: condizioni senza dubbio promettenti. Ma come abbiamo già detto: “abitabile” non significa necessariamente abitato.

E allora, come si fa a pensare che qualcosa possa sopravvivere in un oceano gelido, immerso nel buio eterno di una notte profonda e senza fine?


Beh… in effetti, per molto tempo non lo si è ritenuto possibile.

Almeno fino a quando la vita non è stata trovata in condizioni simili, qui sulla Terra.


Nel 1977, a bordo del sommergibile Alvin, un gruppo di scienziati fece una scoperta che avrebbe cambiato per sempre la nostra idea di dove la vita possa esistere. A 2.500 metri di profondità nell’oceano Pacifico, sotto pressioni estreme e in totale assenza di luce solare, si rivelò un mondo sommerso fino ad allora inimmaginabile: un’incredibile varietà di creature mai viste prima prosperava attorno a sorgenti idrotermali, alimentandosi delle sostanze chimiche sprigionate dal cuore della Terra.

In realtà, che la vita potesse spingersi a profondità estreme è ben noto già da molto prima, ma nelle fosse oceaniche, a oltre 10 chilometri sotto la superficie, vivono organismi che, per quanto siano estremofili, dipendono sempre e comunque dal Sole. La loro catena alimentare si regge sui detriti organici che precipitano dalla superficie e pertanto, sebbene della luce del sole non ricevano nemmeno un fotone, questi ecosistemi ne sono comunque, in qualche modo, dipendenti, poiché il loro sostentamento dipende da ciò che succede in superficie.

Ma ciò che si osservò nel 1977 era qualcosa di completamente diverso. Per la prima volta furono scoperti organismi “chemiosintetici”, capaci di trasformare molecole chimiche inorganiche emesse dalle sorgenti idrotermali in nutrienti vitali. Attorno a loro prosperavano ecosistemi complessi e del tutto indipendenti dal Sole. Non solo microbi, ma vermi tubicoli giganti, molluschi, crostacei e perfino pesci.

E non si trattava di un’eccezione fortuita, ma, a quanto pare, una regola della vita: ovunque vi siano sorgenti idrotermali sulla Terra, anche fino a 5 km di profondità, sono stati trovati organismi perfettamente adattati che prosperano senza alcun bisogno di luce.

Se il Sole si spegnesse domani, per queste creature non farebbe alcuna differenza.

Una scoperta che segnò uno spartiacque per l’astrobiologia. Perché se la vita può esistere qui, e in questo modo, allora potrebbe esistere anche su mondi lontani, in ambienti che fino a ieri avremmo giudicato impossibili… come sotto il ghiaccio di Europa.




UNA MISSIONE PER CERCARE LA VITA.


Per provare l’esistenza di vita su Europa, rimane solo… di andare sul posto e verificare. Ma, come spesso accade nell’esplorazione spaziale, l’unica cosa facile… è rendersi conto di quanto sia difficile.


Innanzitutto Europa è molto più lontana rispetto a Marte o a Venere: per raggiungerla servono dai cinque agli otto anni di viaggio. Poi, una volta sul posto, in assenza di un’atmosfera sufficientemente densa, l’uso dei paracadute per rallentare la discesa non è possibile: una sonda dovrebbe affidarsi a sistemi di retro-propulsione, che richiedono grandi quantità di carburante da imbarcare alla partenza… e, come abbiamo visto in altri video, imbarcare carburante… richiede carburante per spostare altro carburante.


Ma diciamo che tutto questo è ancora gestibile… i veri problemi cominciano una volta atterrati sulla superficie.


Per esplorare gli oceani nascosti di Europa, bisogna prima perforare la crosta di ghiaccio, spessa tra i 10 e i 30 chilometri. Sulla Terra, in condizioni ottimali, o almeno con tutti gli strumenti e pezzi di ricambio a portata di mano, la perforazione più profonda mai realizzata è stata il Kola Borehole, in Russia: 12 chilometri, raggiunti in vent’anni di lavoro. Oppure, in condizioni più simili a quelle di Europa, nel 2012 in Antartide la perforazione del ghiaccio sopra il lago Vostok arrivò a 4 chilometri.


Insomma, perforare decine di chilometri di ghiaccio è già un’impresa al limite delle capacità umane qui sulla Terra, vi lascio immaginare la complessità di equipaggiare una sonda degli strumenti necessari per riuscire nell’intento, da sola. Perché ovviamente non potrà essere guidata dalla Terra, poiché un segnale, viaggiando alla velocità della luce, per raggiungere Europa impiegherebbe dai 33 ai 54 minuti, a seconda della posizione reciproca dei due pianeti. Il robot dovrebbe quindi essere completamente autonomo, dotato di un’intelligenza artificiale in grado di reagire agli imprevisti.


Una volta attraversati i chilometri di ghiaccio, un modulo simile a un batiscafo dovrebbe calarsi negli abissi, a profondità mai raggiunte sulla Terra.


Ah, e c’è un altro dettaglio: la missione dovrebbe portare con sé un reattore nucleare, perché qui la luce del Sole è troppo debole per alimentare dei pannelli solari. Servirebbe una fonte di energia costante e potente per perforare il ghiaccio e per alimentare la navigazione sott’acqua, nelle tenebre di un oceano alieno.


Ad oggi, sebbene non manchino progetti ambiziosi per un futuro più lontano, nessuna missione, di nessuna agenzia spaziale, prevede di poter forare il ghiaccio di Europa ed esplorare direttamente gli oceani sotterranei.


Tuttavia, in questo momento, due sonde sono in viaggio in direzione di Europa: Europa Clipper della NASA e JUICE dell’ESA; il loro arrivo è previsto rispettivamente nel 2030 e nel 2031.


Entrambe le missioni prevedono decine di sorvoli ravvicinati della luna di Giove. Nessun atterraggio previsto, ma la mappa dettagliata che tracceranno potrebbe servire, un giorno, a individuare un luogo di atterraggio e di esplorazione per un’eventuale missione futura… con l’ambizione di perforare il ghiaccio.




MOLECOLE ORGANICHE SU ENCELADO.


La possibilità di esplorare gli oceani di Europa è ancora lontana… ma non tutto è perduto.

Perché c’è un altro mondo ghiacciato, con caratteristiche simili a quelle di Europa, che potrebbe fornirci dei… “campioni alieni gratuiti”: Encelado.


Encelado è una luna di Saturno, molto più lontana e più piccola di Europa: appena 500 chilometri di diametro, più simile a un grosso asteroide che a un vero pianeta.. Eppure anche il cuore di Encelado, proprio come quello di Europa, è tenuto “in vita” dal riscaldamento mareale innescato dall’enorme gravità di Saturno.


Le analisi suggeriscono che Encelado possieda un grosso nucleo roccioso di silicati, avvolto da un mantello oceanico di acqua salata profondo dai 20 ai 30 chilometri e ricoperto da una spessa crosta ghiacciata. Sulla superficie si distinguono lunghe fratture, simili a quelle di Europa, segni di placche che, anche qui, galleggiano e si rompono sopra un oceano nascosto.


Particolarmente note sono le striature in corrispondenza del polo sud, le famose Tiger stripes. Qui si ritiene che la crosta sia più sottile, forse non oltre i 5 chilometri e proprio da questo reticolo di fratture, nel 2005 la sonda Cassini osservò l’emissione di enormi getti di particelle che si innalzano per centinaia di chilometri nello spazio.


L’oceano alieno di Encelado urlava all’universo la prova della sua esistenza.


A questo punto è importante precisare che finora li abbiamo chiamati geyser giusto per rendere l’idea, ma che in realtà si tratta di fenomeni di criovulcanismo.

A differenza dei geyser terrestri, dove i getti sono spinti dalla pressione generata dal calore che porta l’acqua fino all’ebollizione, su Encelado queste eruzioni nascono dall’acqua che risale lungo le fratture del polo sud e che, a contatto con il vuoto cosmico, subisce un improvviso sbalzo di pressione: il liquido viene proiettato nello spazio per centinaia di chilometri, dove vaporizza e cristallizza all’istante.


A differenza di Europa, dove i presunti pennacchi sono ancora oggetto di dibattito e, in ogni caso, sembrerebbero fenomeni sporadici, su Encelado i criovulcani appaiono costanti e ininterrotti. 250 chilogrammi di materiale al secondo fuoriescono dal sottosuolo: una parte ricade sulla superficie, ricoprendola di ghiaccio fresco e rendendo Encelado il corpo più bianco del Sistema Solare, l’altra viene catturata dalla gravità di Saturno, dando origine all’anello E, nel quale Encelado orbita immerso.


Campioni gratuiti, pronti da raccogliere senza bisogno di atterrare o trivellare e, nel 2008, la sonda Cassini attraversò i pennacchi e ne analizzò la composizione. L’esito fu sensazionale: sali minerali, composti organici, idrogeno molecolare e perfino macromolecole complesse. Elementi che, sulla Terra, sostengono quella vita chemiosintetica di cui abbiamo parlato poc’anzi.


Le molecole organiche sono composti chimici costituiti principalmente da atomi di carbonio, legati tra loro e ad altri elementi come idrogeno, ossigeno e azoto. Possiedono, per così dire, uno “scheletro” di carbonio, capace di formare lunghe catene molecolari ramificate che le cellule viventi, almeno quelle che conosciamo, utilizzano per costruire membrane, enzimi, strutture sempre più complesse e per conservare l’informazione genetica.


Per questo motivo le molecole organiche vengono considerate i veri e propri “mattoni della vita”.


Chiaro che aver trovato dei mattoni non significa aver trovato la Cappella Sistina già affrescata. Ma significa che, là sotto, la chimica della vita potrebbe essere all’opera da milioni di anni.


Al momento, non ci sono sonde in viaggio verso Encelado, ma la NASA ha annunciato un progetto ambizioso: “Enceladus Orbilander”, che prevede l’atterraggio sulla piccola luna per cercare prove dirette di eventuali forme di vita. Ma armatevi di pazienza, perché il progetto, se confermato, presuppone un lancio verso la fine degli anni 30’ con arrivo attorno al 2051.




CONCLUSIONE.


Al netto delle loro notevoli differenze, Europa ed Encelado hanno in comune il fatto di essere geologicamente attive grazie al riscaldamento mareale e di custodire vasti oceani di acqua salata liquida sotto una spessa crosta di ghiaccio.


Oggi la comunità scientifica considera proprio il fondo di quegli oceani come il luogo più promettente per trovare forme di vita extraterrestre nel sistema solare. Che sia chiaro: al momento non abbiamo alcuna prova che qualcosa viva laggiù. Ma in questo video abbiamo visto che ci sono abbastanza motivi per… ritenerlo plausibile.


Nonostante per Encelado si abbia persino la prova diretta di molecole organiche, Europa viene spesso considerata leggermente favorita in quanto l’enorme volume dei suoi oceani avrebbero garantito una maggiore stabilità termica e chimica nel corso di miliardi di anni. Oltre al fatto che è più vicina alla Terra e più facilmente raggiungibile.


Acqua, energia e molecole organiche… 3 elementi che sulla Terra sono stati sufficienti ad accendere la scintilla della vita. Tra i ghiacci di Europa o nei criovulcani di Encelado, potrebbe celarsi la prova che "Non siamo soli e che, forse, non lo siamo mai stati."


Servirà pazienza per avere più risposte dalle prossime missioni spaziali, ma nel frattempo, cari amici, continuate ad appassionarvi di scienze. A presto.





FONTI:


https://en.wikipedia.org/wiki/Europa_(moon)

https://science.nasa.gov/jupiter/jupiter-moons/europa/

https://en.wikipedia.org/wiki/Tidal_heating

https://plus.nasa.gov/video/other-worlds-europa/

https://www.jpl.nasa.gov/news/old-data-reveal-new-evidence-of-europa-plumes/

https://sci.esa.int/web/juice/-/59915-blood-red-scars-and-veins-on-europa

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0019103502968284

https://en.wikipedia.org/wiki/Lake_Vostok

https://en.wikipedia.org/wiki/DSV_Alvin

https://en.wikipedia.org/wiki/Hydrothermal_vent

https://en.wikipedia.org/wiki/Chemosynthesis

https://www.nasa.gov/space-technology-mission-directorate/tdm/fission-surface-power

https://science.nasa.gov/mission/europa-clipper/mission-faq/

https://www.esa.int/Science_Exploration/Space_Science/Juice

https://it.wikipedia.org/wiki/Encelado_(astronomia)

https://science.nasa.gov/missions/cassini/free-samples/

https://it.wikipedia.org/wiki/Cassini-Huygens

https://it.wikipedia.org/wiki/Composto_organico

https://en.wikipedia.org/wiki/Enceladus_Orbilander

https://en.wikipedia.org/wiki/Cryovolcano

 
 
 

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