IL DISASTRO NUCLEARE CHE NESSUNO DOVEVA CONOSCERE: KYSHTYM.
- Andrea
- 6 juil.
- 12 min de lecture
Quando si parla di disastri nucleari, pensiamo subito a Chernobyl o a Fukushima.
Ma c’è un’altra catastrofe, più antica e ben più nascosta, che ha segnato per sempre la storia dell’energia atomica: il disastro di Mayak.
Tra il 1948 e il 1968, il complesso nucleare sovietico di Mayak fu teatro di una delle più gravi contaminazioni radioattive mai avvenute sulla Terra.
Tre ondate di disastri — l’inquinamento del fiume Teča, l’esplosione di Kyshtym e la nube radioattiva del lago Karachay — esposero centinaia di migliaia di persone a livelli di radiazioni devastanti.
Per decenni tutto fu coperto dal segreto militare. Oggi finalmente possiamo raccontare quella storia. Una storia che nessuno doveva conoscere.
Alcune vicende entrano nella storia. Altre… si sceglie di dimenticarle.
E quando si parla di disastri nucleari, la memoria collettiva si stringe attorno a due nomi: Chernobyl e Fukushima.
Ma esiste un’altra storia che merita di essere raccontata e che non può lasciare indifferente chi la ascolta.
La storia del disastro nucleare che nessuno doveva conoscere.
LA CORSA ALL’ARMA ATOMICA.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti sganciarono due bombe atomiche sul Giappone, mostrando al mondo di essere diventati i padroni di una tecnologia distruttiva senza precedenti.
La chiave di tutto era l’uranio. In particolare, uno dei suoi isotopi: l’uranio-235, un elemento chimico le cui proprietà permettono di liberare enormi quantità di energia attraverso il processo di fissione nucleare.
Tra il 1940 e il 1943, gli Stati Uniti riuscirono anche a sintetizzare un nuovo elemento, derivato proprio dall’uranio: il plutonio. Un elemento che non esiste in natura, ma che è molto più efficiente nel generare reazioni nucleari.
Basti pensare che Little Boy, la bomba su Hiroshima, utilizzò 64 chili di uranio per produrre 15 chilotoni di energia, mentre Fat Man, sganciata su Nagasaki, ne sprigionò 21, utilizzando poco più di 6 chili di plutonio.
Oggi, il plutonio viene impiegato in alcune centrali nucleari e in alcune missioni spaziali, per alimentare le strumentazioni elettroniche. Ma all’epoca della seconda guerra mondiale, così come durante la guerra fredda, lo scopo della produzione di plutonio era uno solo: fabbricare bombe atomiche, sempre più efficienti, sempre più potenti.
Il messaggio arrivò forte e chiaro all’Unione Sovietica: il suo temporaneo alleato nella lotta contro la Germania nazista aveva appena conquistato un vantaggio militare decisivo e non avrebbe esitato a farlo pesare nel nuovo equilibrio globale del dopoguerra.
Stalin decise allora che l’Unione Sovietica doveva colmare quel divario e dotarsi dell’arma atomica ad ogni costo… qualsiasi costo.
IL COMPLESSO FANTASMA.
Al tempo della Seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica non disponeva ancora di miniere di uranio operative in grado di sostenere un programma nucleare.
Ma, a partire dal 1945, poté mettere le mani sull’uranio confiscato alla Germania nazista. Eh sì, anche Hitler aveva un programma nucleare.
E’ fu così che, nel giro di appena tre anni, tra il 1945 e il 1948, l’URSS costruì in segreto un intero complesso nucleare, esteso su 90 chilometri quadrati: il complesso di Mayak, sul versante orientale degli Urali meridionali, a 20 km dalla cittadina di Kyshtym e a 70 dal capoluogo Čeljabinsk.
A soli 5 chilometri dal complesso, venne costruita una città per ospitare scienziati, tecnici e operai che avrebbero lavorato sul sito: Ozyorsk, una vera e propria città fantasma che inizialmente non aveva nemmeno un nome. Era indicata solo da un codice postale militare: Čeljabinsk-40. Una città chiusa, dove nessuno poteva entrare, e talvolta nemmeno uscire. Ozyorsk non era segnalata su nessuna carta geografica ed i segreti che custodiva erano sorvegliati da recinzioni, checkpoint e soldati armati.
Gli abitanti erano vincolati alla riservatezza più assoluta, anche se molti di loro non conoscevano nemmeno l’esatta natura delle attività dell’impianto. La propaganda interna parlava di un’“importante missione patriottica”. L’esistenza di Ozyorsk rimase segreta fino al crollo dell’Unione Sovietica.
Questa è una foto della città ai nostri giorni, e il bel lago che vedete in sottofondo… beh, diciamo che non è il posto ideale per farsi una nuotata.
LE SCORIE RADIOATTIVE DI MAYAK.
Alla base del funzionamento di un reattore nucleare c’è la fissione dell’uranio-235, un isotopo cosiddetto fissile. Questo significa che il suo nucleo, quando viene colpito da un neutrone, si spezza in frammenti più leggeri, liberando grandi quantità di energia termica e altri neutroni.
Se all’interno del reattore c’è una sufficiente densità di materiale fissile, i neutroni liberati dalla fissione colpiranno altri atomi di uranio, innescando nuove fissioni che libereranno altri neutroni che colpiranno altri atomi e così via fino a raggiungere una reazione a catena che si autosostiene.
Nelle centrali nucleari ad uso civile, l’energia generata da questo processo serve a mettere in moto delle turbine e a produrre energia elettrica.
Ma questo non era lo scopo del complesso nucleare di Mayak.
A Mayak, la fissione dell’uranio-235 non serviva a produrre elettricità, ma giusto a liberare i neutroni per trasformare un altro isotopo: l’uranio-238.
A differenza dell’uranio-235, l’uranio-238 non è fissile, ma viene definito “fertile” per indicare che, quando assorbe un neutrone, non si divide sprigionando energia, ma inizia a trasformarsi in altri elementi. Questo processo nucleare è chiamato “decadimento beta” e nel giro di pochi giorni converte l’uranio-238 in plutonio-239.
E a differenza dell’uranio-238 da cui nasce, il plutonio-239 è estremamente fissile, e dunque può essere utilizzato per alimentare il reattore oppure può essere estratto per… altri scopi. Ed è proprio questo che faceva lo stabilimento di Mayak: produrre plutonio in grandi quantità, da inviare ai laboratori militari per costruire bombe atomiche.
L’Unione Sovietica testò la sua prima bomba atomica il 29 agosto 1949.
Ma la fissione nucleare, oltre all’energia, produce anche una grande quantità di scorie radioattive. I frammenti dell’uranio spezzato, i cosiddetti “prodotti di fissione”, sono troppo leggeri per alimentare nuove reazioni, ma restano altamente instabili e continuano ad emettere radiazioni per anni, decenni, secoli… talvolta persino millenni prima di diventare inerti.
Sono dunque un materiale di scarto dagli effetti potenzialmente devastanti sulla vita biologica, se non viene gestito con meticolosa cautela.
Una cautela che, a Mayak, venne del tutto ignorata.
In un video precedente abbiamo raccontato l’incredibile storia del Demon Core, e di come costò la vita agli scienziati americani che manipolarono l’energia atomica con spregiudicata leggerezza. Ma ciò che accadde a Mayak supera di gran lunga ogni forma di follia.
L'urgenza di raggiungere gli Stati Uniti nella corsa all’arma atomica oscurò ogni altra considerazione, e compromise la vita di oltre mezzo milioni di persone che furono esposte alle radiazioni della catastrofe nucleare di Kyshtym. Un disastro che colpì in tre ondate, nel giro di appena vent’anni.
LA PRIMA ONDATA: L’IRRADIAZIONE DEI CORSI D’ACQUA.
Già dai primi anni di attività del complesso nucleare di Mayak, si intuì che la storia difficilmente avrebbe potuto avere un lieto fine.
I reattori venivano raffreddati con un sistema a ciclo aperto: ovvero l’acqua veniva prelevata dal vicino lago Kyzyltash, fatta circolare attraverso il nucleo per dissipare il calore… e poi restituita al lago ormai pesantemente contaminata. Non mi dilungherò sull’impatto ambientale, perché se questa pratica vi sembra scellerata… aspettate il seguito.
La prima grave catastrofe provocata dal complesso di Mayak riguarda le scorie radioattive. Tra il 1949 e il 1956 oltre 76 milioni di metri cubi di rifiuti radioattivi furono scaricati direttamente nel fiume Teča, l’unica fonte d’acqua per decine di villaggi e migliaia di persone che ne costeggiavano le rive. Sebbene la maggior parte si sia depositata entro i primi 35 chilometri a valle del complesso, tracce di radioattività trasportata dal fiume furono rilevate fin nel Mar Glaciale Artico.
Il fiume Teča divenne una bomba ecologica, che contaminava silenziosamente tutto ciò che toccava. Ma la radioattività non rimane invisibile a lungo. Strane ed inspiegabili malattie cominciarono a manifestarsi, ma ovviamente le comunità colpite non vennero informate della condanna a morte che si stava abbattendo su di loro. Tutto doveva restare segreto, tutto doveva proteggere il programma nucleare. Solo anni più tardi alcuni villaggi furono evacuati, senza fornire alcuna spiegazione.
E fu soltanto negli anni ’90 che venne rivelato il motivo per cui, decenni prima, una rete metallica e un filo spinato avevano cominciato a circondare le rive del fiume.
Alcuni medici hanno stimato che gli abitanti lungo il Teča abbiano ricevuto, in media, una dose di radiazioni quattro volte superiore a quella subita dalle vittime di Chernobyl.
Ancora oggi, chi vive lungo il corso settentrionale del fiume ha quasi il 40% in più di probabilità di ammalarsi di cancro, e i figli hanno una probabilità 25 volte maggiore di nascere con malformazioni agli arti o agli organi. Alcuni presentano un gonfiore dei linfonodi così grave da non riuscire nemmeno a parlare.
E nonostante si dica che i pesci del fiume siano “cento volte più radioattivi del normale”,
la gente del posto continua a pescarli, affermando con drammatica rassegnazione che “Non si può infettare chi è già infetto.”
Il piano più serio e concreto di bonifica della zona, consiste nell'aspettare i 150 anni necessari affinché gli isotopi radioattivi presenti nel fiume diventino inerti.
LA SECONDA ONDATA: IL DISASTRO DI KYSHTYM.
Le acque contaminate del fiume Teča cominciavano a fare troppo rumore e bisognava correre ai ripari perché una popolazione che mormora e si pone domande… non è compatibile con il segreto di un progetto militare.
A partire dal 1956, invece di scaricare i rifiuti radioattivi nel fiume, si pensò bene di iniziare a gettarli direttamente nel modesto lago Karachay, a poche centinaia di metri dalla centrale. Nel giro di poco tempo, questo lago divenne il luogo più contaminato della Terra… della storia della Terra.
In realtà il lago doveva essere solo uno stoccaggio temporaneo: il tempo necessario a raffreddare le scorie, prima di trasferirle nei serbatoi sotterranei che si cominciò a costruire a partire dal 1953 (un primo tentativo, tardivo, di confinare le scorie invece di disperderle nell’ambiente).
Ma in breve tempo, la quantità di materiale radioattivo accumulato, rese il lago Karachay semplicemente inavvicinabile. Pochi minuti di esposizione sarebbero stati sufficienti ad assorbire una dose di radiazioni mortale. E allora come e chi avrebbe mai dovuto recuperare queste scorie altamente radioattive dal fondo del lago per trasportarle nei depositi di stoccaggio? Chi si sarebbe condannato ad una morte certa?
Il lago divenne una vera e propria discarica nucleare permanente a cielo aperto.
E delle vasche di stoccaggio, parliamone. La loro costruzione, sebbene tardiva, potrebbe sembrare l’unica cosa sensata in tutta questa storia, un vero cambio di approccio nella gestione delle scorie… ma così non fu. Le vasche sotterranee furono anzi l'emblema della follia che albergava in seno al progetto nucleare di Mayak.
Si trattava di grandi serbatoi in acciaio e cemento armato, interrati a circa otto metri di profondità. Tuttavia le scorie che contenevano, continuando il loro processo di decadimento naturale, continuavano anche a generare una grande quantità di calore e di radiazioni. E per questo motivo i serbatoi dovevano essere dotati di un sistema per dissipare continuamente il calore ed evitare che una temperatura troppo elevata finisse per danneggiare la struttura.
Ma il sistema di raffreddamento venne costruito troppo vicino ai serbatoi e la radioattività impedì ogni tipo di intervento di manutenzione o riparazione: l’accesso al sistema di raffreddamento avrebbe condannato a morte chiunque si fosse avvicinato.
Era stato progettato per funzionare “finché dura”, senza nessuna possibilità di intervento o di riparazione. Le conseguenze, che si sperava si producessero il più tardi possibile, erano comunque ormai inevitabili.
Alle 16:22 del 29 settembre 1957… boom. Un serbatoio esplose, proiettando fino ad un chilometro di altezza 80 tonnellate di scorie radioattive. Un nuvola di colore rossastro cominciò ad espandersi fino a 300 chilometri di distanza, coprendo un’area di oltre 20 mila km² popolata da quasi 300 mila persone.
Nei giorni successivi, gli abitanti iniziarono a soffrire dei sintomi della sindrome da radiazione acuta: diarrea, vomito, ustioni, collassi, spossatezza estrema e soprattutto panico. Perché questa volta era chiaro che qualcosa di enormemente grave era accaduto, qualcosa che li stava lentamente uccidendo. Nei casi più gravi, la pelle del viso e delle mani si staccava letteralmente dal corpo.
Il rumore della paura rompeva il silenzio della segretezza.
Soltanto dopo una settimana dall’esplosione il governo sovietico evacuò le prime 10 mila persone dalle aree più colpite, ovviamente senza dare nessuna spiegazione, il segreto continuava ad essere la priorità. Altri villaggi furono evacuati… solo anni dopo.
Questo fu il disastro oggi conosciuto come l’incidente di Kyshtym, dal nome della città più vicina a Mayak, poiché, all’epoca, la vera città coinvolta, Ozyorsk, era ancora un fantasma senza nome. A Kyshtym si trova la stele commemorativa in onore dei liquidatori che intervennero per spegnere l’incendio provocato dall’esplosione, senza sapere che questo atto eroico avrebbe condannato molti di loro alla morte.
Il numero reale di vittime resta un mistero, perché il cancro causato dalle radiazioni è spesso clinicamente indistinguibile da altri tumori e l’unico modo per stimarne l’incidenza è tramite studi epidemiologici, che ovviamente l’Unione Sovietica si guardò bene dal fare.
Anzi, nel 1968, per evitare la fuoriuscita di informazioni, il governo dissimulò quest’area contaminata dichiarandola “Riserva Naturale degli Urali Orientali”, dove venne vietato ogni accesso non autorizzato… per non perturbare la fauna locale.
Ancora oggi, a quasi 70 anni dall’incidente di Kyshtym, le zone colpite registrano alcuni tra i più alti tassi di incidenza di cancro e anomalie genetiche al mondo. Nel 1996 fu trovato un piccolo corpo mummificato con deformità estreme. “Alyoshenka”, il nano di Kyshtym. Ovviamente ci fu chi non perse l’occasione per sostenere l’origine extraterrestre, ma molto più probabilmente si trattava di un feto umano con gravi malformazioni causate dalle radiazioni.
LA TERZA ONDATA: LA NUBE DEL LAGO KARACHAY.
La catastrofe di Mayak non si era ancora esaurita.
Vi ricordate del lago Karachay, quello a pochi metri dalla centrale dove vennero gettate le scorie radioattive quando si smise di versale nel fiume? Il luogo più contaminato della Terra. Ebbene…si trattava di un lago relativamente piccolo e poco profondo, e così la siccità che colpì la zona negli anni ‘60 fu sufficiente a prosciugarlo.
Nel 1968 le scorie radioattive emersero dal lago ormai privo di acqua. Esposte all’aria, il vento ne sollevò le polveri e le trasportò su centinaia di chilometri quadrati, contaminando circa mezzo milione di persone. Nemmeno in questa occasione fu mai dichiarata un’emergenza pubblica e il governo sovietico, una volta di più, coprì tutto con il silenzio del segreto militare.
Oggi il lago Karachay non esiste più. A partire dal 1978 iniziarono i lavori per sigillarlo sotto 10.000 blocchi di cemento e strati di roccia, senza tuttavia sottrargli il triste primato di essere ancora il sito più contaminato al mondo. Sotto il cemento, si stima racchiuda in appena mezzo chilometro quadrato 4,4 Exabecquerel di radiazioni: un valore simile a quanto rilasciato dall’incidente di Chernobyl su mezza Europa.
CONCLUSIONE.
Il disastro di Kyshtym iniziò con la contaminazione delle aree lungo il fiume Teča a partire dal 1948, toccò il suo apice con l’esplosione del 1956 e si abbatté di nuovo sulla popolazione con la nube radioattiva del lago Karachay nel 1968. 3 ondate in 20 anni di tempo. E forse ricorderete che soltanto pochi anni fa, nel settembre 2017, un isotopo radioattivo di rutenio fu rilevato in varie parti d’Europa, tra cui l’Italia. Alcuni studi, anche se non tutti per onor del vero, ne identificarono la zona di provenienza nel sud degli Urali.
Il mondo venne a conoscenza delle vicende di Mayak solo a partire dagli anni ‘80, grazie alle rivelazioni del biologo dissidente russo Zhores Medvedev, perseguitato dal regime sovietico, poi rifugiato in Inghilterra.
In realtà, diversi servizi segreti occidentali erano già ben a conoscenza di molte cose, ma non avevano alcun interesse a diffondere notizie che avrebbero alimentato una paura su scala mondiale… quando i loro stessi Paesi stavano sviluppando programmi nucleari analoghi.
Le cicatrici del disastro di Kyshtym rimarranno indelebili nelle popolazioni del luogo ancora per molto tempo e per molte generazioni. Un ecosistema irrimediabilmente compromesso, un tasso ancora oggi elevatissimo di leucemie e malformazioni congenite, comunità sfollate (talvolta verso aree ugualmente contaminate) poi abbandonate al loro destino… ed infine il negazionismo istituzionale e la volontà di seppellire e dimenticare ogni cosa, che aggiunge all’orrore del disastro un sentimento di profonda ingiustizia.
Sapete bene che questo canale non promuove ideologie di alcun tipo, nella storia si possono ben distinguere i vincitori dai vinti, ma più difficilmente i giusti dagli empi. Tuttavia, nonostante questo, è storicamente ragionevole constatare che il disastro di Kyshtym fu la conseguenza di una serie di decisioni scellerate e di una gestione folle dei rifiuti radioattivi.
La ragion di stato. La ragion di stato è l’insieme delle priorità che garantiscono la sopravvivenza stessa dello Stato. Un fine che giustificherebbe qualsiasi mezzo. Questo diceva Niccolò Machiavelli, nel “Il principe” del 1532.
E per l’Unione Sovietica del dopoguerra, la ragion di stato era lo sviluppo di un programma nucleare in grado di annullare la supremazia raggiunta dalla potenza rivale. Qualsiasi prezzo, compresa la vita di migliaia di persone, era giustificato da questo obiettivo primario e supremo.
Ma al tempo stesso la legittimità di uno Stato deriva da un patto: i cittadini che cedono parte della loro libertà allo Stato per ottenere in cambio sicurezza e sopravvivenza. E nel momento in cui uno Stato non garantisce questa sicurezza, perde la sua legittimità, il suo diritto alla sovranità sull’individuo. Questo diceva Thomas Hobbes nel “Il Leviatano” del 1561.
E allora, alla luce di questo racconto, viene da chiedersi dove finisca “il Principe” ed incominci “il Leviatano”, ovvero quando il perseguimento della ragion di stato si trasforma nel tradimento del patto sociale tra uno Stato e l’individuo. Una riflessione che lascio dibattere agli esperti di scienze politiche.
E nel frattempo, cari amici, continuate ad appassionarvi di scienze… di ogni tipo.
A presto.
FONTI:
https://fr.wikipedia.org/wiki/Catastrophe_nucl%C3%A9aire_de_Kychtym
https://en.wikipedia.org/wiki/Ozyorsk,_Chelyabinsk_Oblast
“Nuclear Families, Atomic Cities, and the Great Soviet and American Plutonium Disasters”. Kathryn L. Brown · 2013
“Nuclear Disaster in the Urals”. Zhores A. Medvedev · 1980
https://inis.iaea.org/records/21b6d-y7h89
“Consequences of the radiation accident at the Mayak production association in 1957”. A V Akleyev, L Yu Krestinina, M O Degteva, E I Tolstykh. 2017. https://iopscience.iop.org/article/10.1088/1361-6498/aa7f8d/pdf
https://en.wikipedia.org/wiki/Mayak
https://en.wikipedia.org/wiki/Techa
https://en.wikipedia.org/wiki/Lake_Karachay
https://it.wikipedia.org/wiki/Otto_Hahn
https://en.wikipedia.org/wiki/Radioactive_waste
“Chelyabinsk: the most contaminated spot on the planet”. Slawomir Grunberg. 1996
“Dose rate effect on mortality from ischemic heart disease in the cohort of Russian Mayak Production Association workers.” Tamara V. Azizova. 2023. https://www.nature.com/articles/s41598-023-28954-w
https://bellona.org/news/nuclear-issues/2019-01-bellona-publishes-new-report-on-the-mayak-production-association
https://it.wikipedia.org/wiki/Uranio
https://en.wikipedia.org/wiki/Plutonium
https://es.wikipedia.org/wiki/Central_nuclear
https://www.nps.gov/mapr/learn/plutonium.htm
https://radioactivity.eu.com/articles/nuclearenergy/plutonium_239_formation
https://www.cnr.it/en/press-release/8828/confermata-l-origine-del-fallout-di-rutenio-radioattivo-del-2017
https://www.dmsa.unipd.it/~mazzia/lavori/karachai.pdf




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