TORNARE NEL PASSATO: LA MACCHINA DEL TEMPO DI THORNE.
- Andrea
- 8 juin
- 12 min de lecture
Episodio 3 di 3.
Dopo aver visto come la velocità possa portarci nel futuro, concludiamo questa trilogia affrontando la domanda più affascinante e potenzialmente più pericolosa: è davvero possibile viaggiare indietro nel tempo?
In questo episodio scopriremo cosa sono i coni di luce di Minkowski e come definiscono il passato, il presente e il futuro di ogni evento nell’universo. Entreremo nel cuore della Relatività Generale, parlando di buchi neri, wormhole e dell'incredibile macchina del tempo teorizzata dal premio Nobel per la fisica Kip Thorne.
Nei due episodi precedenti abbiamo visto come lo spostamento a velocità estreme consenta, in un certo senso, di viaggiare nel futuro.
Ma il viaggio nel passato sembra essere una sfida di tutt’altra portata. Abbiamo visto che la sola velocità non basta, così come non basta la teoria della relatività ristretta. Per provare a tornare indietro nel tempo, dovremo chiamare in causa altre teorie della fisica, e ben altre forze della natura.
IL CONO DI LUCE.
Il principio di causalità afferma che ogni evento ha una causa e genera un effetto.
Prima o poi, esplorando l’idea del viaggio nel tempo, ci troveremo costretti a confrontarci con questo principio, perché tornare nel passato significa, in qualche modo, infrangerlo: significa rivivere una “causa” di cui il nostro presente è già l’effetto. Ma non tutto può essere la causa o l’effetto di qualunque altra cosa: ogni evento può intrattenere legami causali solo con quegli eventi che si trovano in una regione ben precisa dello spaziotempo.
E per visualizzare questa struttura causale dell’universo, cioè per capire cosa può essere il passato o il futuro di qualcos’altro, dobbiamo introdurre la nozione di “cono di luce di Minkowski”.
Non fatevi intimorire dal nome: è un concetto più pomposo che difficile, abbaia ma non morde.
Utilizziamo questo grafico con due dimensioni spaziali, base e altezza, come se stessimo guardando un piano dall’alto. Ora pensate a una sorgente luminosa che si accende in un punto qualsiasi. Dopo un secondo, la luce si sarà espansa in modo uniforme in tutte le direzioni, formando un cerchio con un raggio di 300.000 chilometri:, tale è la distanza che percorre la luce in un secondo. Dopo due secondi, il cerchio avrà un raggio di 600.000 chilometri, poi 900.000… e così via. La luce si espande.
Ora portiamo questa figura su 3 dimensioni e rappresentiamo il tempo che scorre sull’asse verticale. Guardando ora di lato la sorgente di luce, vedremo che ogni nuovo cerchio si “impila” sopra il precedente formando un cono che si apre verso l’alto: il “cono di luce” che rappresenta l’intera evoluzione della sorgente luminosa, nello spazio e nel tempo.
E poiché nessuna informazione può viaggiare più veloce della luce, tutto ciò che si trova al di fuori di questo cono non può essere influenzato dall’evento iniziale, poiché è troppo distante nello spazio o nel tempo per poter intrattenere un qualsiasi tipo di relazione causale.
Per esempio, un evento che avviene ora in una galassia lontana non può avere alcuna relazione causale con voi che, nello stesso istante, state guardando questo video. Siete troppo lontani, nello spazio e nel tempo, per essere raggiunti dal suo segnale: siete fuori dal suo cono di luce. Solo tra milioni di anni quel segnale raggiungerà la Terra e, a quel punto e solo allora, chi abiterà il pianeta in quel futuro lontano potrà essere influenzato dall’evento.
Capiamo dunque che il cono di luce definisce i limiti entro i quali un evento può esercitare la propria influenza nell’universo. Al suo interno si trova quella regione dello spazio tempo che viene chiamata “futuro causale”; mentre il cono di luce speculare rivolto verso il basso, definisce la regione da cui l’evento può aver ricevuto informazioni ed essere stato influenzato, ovvero il suo “passato causale”. Sui bordi del cono, infine, si trova la luce stessa, o meglio quegli eventi che possono essere raggiunti solo da segnali che viaggiano alla velocità della luce.
Ogni evento nel cosmo genera il proprio cono di luce, con un passato e un futuro causali ben definiti.
VEDERE IL PASSATO.
In che modo il cono di luce di Minkowski ci aiuta a comprendere la possibilità dei viaggi nel tempo?
Beh, innanzitutto ci permette di capire il passato che possiamo vedere, prima di pensare, eventualmente, di visitarlo.
Immaginate un evento A1: una supernova che esplode a 10 anni luce dalla Terra. Nel momento in cui avviene, genera il suo cono di luce. Nello stesso istante, l’evento B1 corrisponde a voi che state guardando questo video. Sul nostro grafico spazio-temporale, A1 e B1 si trovano alla stessa altezza sull’asse verticale (poiché si producono nello stesso istante), ma sono separati da 10 anni luce lungo l’asse orizzontale. Poiché B1 è fuori dal cono di luce di A1, l’esplosione della supernova non ha alcun impatto su di voi nel momento in cui si produce. Ma fra 10 anni, la luce della supernova raggiungerà la Terra muovendosi lungo il bordo del cono, e potrà dunque avere un legame causale con un vostro evento B2, fra dieci anni.
E allora ci accorgiamo che, se viaggiare nel passato potrebbe non essere così semplice, vederlo invece…è molto facile, perché quando guarderete la supernova in B2, starete in realtà osservando qualcosa accaduto 10 anni prima. Nel passato. E allo stesso modo, se oggi guardaste il cielo nella direzione di quella stella, vedreste A0: una stella ancora intatta, che esploderà solo tra dieci anni. Stareste osservando il suo passato.
Vedere il passato è qualcosa che facciamo ogni qualvolta guardiamo le stelle: le vediamo come erano tanti anni fa quanti sono gli anni luce che ci separano da esse.
Avrete già sentito parlare del cosiddetto “Universo osservabile”. Beh, non è altro che questo: l’insieme delle cose nell’Universo dalle quali possiamo ricevere un’informazione. Più precisamente: l'insieme di tutti gli eventi all'interno del nostro cono di luce del passato che hanno prodotto un segnale che ha avuto il tempo di percorrere la distanza tra l'evento e noi, dal Big Bang fino ad oggi. Da non confondere con l’intero Universo, che invece comprende anche tutto ciò che esiste fuori dal nostro cono di luce, e che, almeno per ora, non possiamo osservare.
Quindi: vedere il passato… un gioco da ragazzi, tornarci fisicamente … è un po’ più complicato.
LA GRAVITA’ DEI BUCHI NERI.
La vita di ognuno di noi, così come la storia di ogni cosa vivente o inanimata, si compone di una successione di eventi che formano una traiettoria nello spazio tempo e che, in cosmologia, è chiamata “linea di universo”.
Sul nostro grafico, una linea di universo può spostarsi lateralmente in funzione dei vari spostamenti compiuti nello spazio, ma i punti che la compongono, ovvero i vari eventi, devono sempre restare nel futuro causale, cioè all’interno dei coni di luce di ciò che li ha preceduti.
E ci accorgiamo allora che viaggiare nel passato significherebbe fare quello che in fisica si chiama un “anello temporale chiuso”, ovvero tornare ad un punto già attraversato sulla propria linea di universo. E il problema è che una simile traiettoria, ad un certo punto, dovrà necessariamente uscire dai coni di luce e, come abbiamo visto, le leggi della fisica non lo permettono.
Fine dei giochi… o forse no. Perché non abbiamo ancora giocato l’ultimo asso nella manica: la gravità.
Con la teoria della Relatività Generale, a partire dal 1915, Einstein dimostrò come la gravità non fosse una forza invisibile, bensì il risultato della curvatura dello spaziotempo provocata dalla presenza di una massa.
Se ne avete voglia, vi invito a guardare il video dedicato alla Relatività Generale, altrimenti mi limiterò a citare la frase con cui il fisico John Wheeler ne descrisse l’essenza: “Lo spazio tempo dice alla materia come muoversi; e la materia dice allo spazio tempo come curvarsi”.
E così, in uno spazio tempo curvato dalla presenza di gravità, anche i nostri coni di luce si inclinano e si restringono, deformati da questa geometria. La luce continuerà a muoversi lungo i bordi del cono, e la nostra linea di universo al suo interno.
L’inclinazione massima dei coni si raggiunge là dove la gravità è più estrema: nei buchi neri. Ne conosciamo bene la definizione classica da vocabolario, ovvero “Una regione dello spazio in cui la gravità è così intensa che nulla può sfuggire, nemmeno la luce”.
Ma ora possiamo visualizzare il significato profondo di questa definizione, perché se immaginiamo di aggiungere un buco nero nel nostro grafico, vedremo che man mano che un evento vi si avvicina, il cono di luce si piegherà sempre di più fino a raggiungere un’inclinazione tale da costringere qualsiasi linea di universo, qualsiasi futuro di un evento, a dirigersi inevitabilmente dentro il buco nero. Nessuna traiettoria può più sfuggire. Ed è proprio lungo i bordi del cono di luce così inclinato che si delinea il cosiddetto “orizzonte degli eventi”: quel confine invisibile oltre il quale nulla, nemmeno la luce, può sfuggire alla gravità di un buco nero.
E qui, dove la gravità curva al suo estremo lo spaziotempo ed inclina al massimo i coni di luce, un premio Nobel per la fisica ha avuto la brillante o la folle idea di teorizzare una macchina del tempo per tornare nel passato.
LA MACCHINA DEL TEMPO DI THORNE.
Forse conoscerete Kip Thorne come il consulente scientifico del film Interstellar, al quale ha conferito un realismo raro nella fantascienza. Ma prima ancora, Kip Thorne è uno dei massimi esperti mondiali di relatività generale e astrofisica, e nel 2017 ha ricevuto il premio Nobel per il rilevamento delle onde gravitazionali.
Ed è anche noto per aver teorizzato una vera e propria macchina del tempo, combinando due degli elementi più estremi dell’universo: la gravità di un buco nero e un ponte di Einstein-Rosen, meglio conosciuto come wormhole, o cunicolo spazio-temporale.
Il concetto di wormhole è stato teorizzato fin dal 1935 e descrive una sorta di "tunnel" che, in seguito ad una curvatura estrema dello spaziotempo, collegherebbe due punti distanti dell’universo. Attraversandolo, si potrebbero percorrere distanze cosmiche quasi istantaneamente e quindi molto più velocemente di quanto impiegherebbe la luce stessa a percorrere la distanza tra i due punti attraverso lo spazio ordinario.
Sul nostro diagramma di Minkowski, un wormhole consentirebbe di saltare fuori dai coni di luce, connettendo due eventi che, secondo la struttura causale dell’universo, non dovrebbero potersi toccare e potersi influenzare.
Permetterebbe dunque di violare la struttura causale dell’universo che conosciamo.
L'ipotesi di Thorne prevede di trovare, o di creare in laboratorio, un cunicolo spazio-temporale e di trasportarne una delle due estremità in prossimità di un buco nero, in un punto che chiameremo “B”, mentre l’altro ingresso resta nel punto A vicino alla Terra.
In questo modo si produce un effetto sorprendente, ma perfettamente previsto dalla Relatività Generale: il tempo scorre più lentamente in presenza di una gravità intensa, perciò, l’estremità del wormhole situata nel punto B, vicino al buco nero, vedrà passare il tempo più lentamente rispetto a quella rimasta sulla Terra.
In questo modo si crea un disallineamento temporale tra i due ingressi del cunicolo: un vero e proprio divario nel tempo che quantificheremo con l’esempio del fim Interstellar in cui un’ora trascorsa vicino a un buco nero equivale a sette anni trascorsi sulla Terra.
Quindi quando per l’ingresso in prossimità del buco nero sarà passata appena un’ora e sarà ancora nell’anno 2025, quello rimasto sulla Terra sarà già arrivato al 2032, in un punto A1, che si trova nello stesso luogo spaziale di A in prossimità della Terra, ma non nello stesso tempo, bensì 7 anni più tardi, più in alto nel grafico.
Ora, secondo la teoria di Thorne, se riportiamo fisicamente l’estremità rimasta vicino al buco nero accanto a quella sulla Terra, le due entrate saranno vicine nello spazio, ma resteranno comunque disallineate nel tempo.
Ed è a questo punto che può prodursi l’impensabile: se un viaggiatore entrasse nel tunnel dall’ingresso rimasto sulla Terra in A1 nell’anno 2032, uscirebbe dall’altra estremità ancora ferma al 2025. Atterrerà allora nel tempo del punto A, in un mondo che è lo stesso mondo del cunicolo da cui è entrato in termini di spazio ma che si trova 7 anni nel passato in termini di tempo. Avrà compiuto un vero e proprio salto nel passato.
La macchina del tempo immaginata da Kip Thorne prevede di usare la gravità per creare una differenza di tempo proprio tra le due estremità di un wormhole che restano collegate lungo un percorso che può chiudersi su se stesso formando un anello temporale, senza violare localmente il limite della velocità della luce, né infrangere le leggi fondamentali della fisica.
LA PROTEZIONE DELLA CRONOLOGIA.
La macchina del tempo di Thorne teoricamente funziona.
Certo, non permetterebbe di tornare ad un’epoca anteriore alla creazione del wormhole stesso, poiché il tunnel collega due istanti solo a partire dal momento in cui viene aperto, ma questo, in fondo, è l’ultimo dei problemi. Perché, anche tralasciando ogni considerazione sulla fattibilità tecnica, già di per sé ai limiti della fantascienza, la macchina del tempo di Thorne si basa su presupposti che, pur non violando alcuna legge della fisica… sembrano comunque troppo estremi persino per un universo dove anche le ipotesi più assurde, prima o poi, trovano un modo per esistere.
Il coinvolgimento di buchi neri, da questo punto di vista, non pone grandi problemi: esistono ovunque nel cosmo e non vi sono dubbi sul fatto che la loro gravità estrema rallenti lo scorrere del tempo rispetto alla Terra. La Relatività Generale non è più da dimostrare.
Ma per i cunicoli spazio temporali… è un’altra storia. Teoricamente, anche la loro esistenza non viola alcuna legge della fisica, ma il problema è che nessuno ne ha mai osservato uno nell’Universo, e si pensa che possano esistere, se esistono, solo a livello quantistico, in dimensioni microscopiche.
Inoltre, si ritiene che siano fortemente instabili e che, per renderli attraversabili, sarebbe necessario impiegare della “materia esotica”, ovvero una forma di materia dotata di massa negativa, in grado di esercitare una gravità repulsiva, cioè capace di respingere la materia invece che attrarla.
E anche la materia esotica, proprio come i cunicoli, per ora non ha mai lasciato tracce osservabili della sua esistenza nell’universo.
E non è finità qui, perché anche ammesso che si riesca a creare un cunicolo, stabilizzarlo con materia esotica, trasportarne un’estremità vicino a un buco nero e riportarla indietro…ci troveremmo comunque di fronte ad una serie di paradossi che compromettono la struttura causale dello spaziotempo e con essa la logica stessa dell’universo.
Il più celebre è il cosiddetto paradosso del nonno per cui se un viaggiatore tornasse nel passato e impedisse ai propri nonni di incontrarsi, allora lui stesso non potrebbe nascere.
Ma se non è mai nato, come può aver viaggiato nel passato?
E se non ha mai viaggiato nel passato, i suoi nonni allora si incontrano, lui nasce… e quindi può tornare nel passato… E così via, in una spirale logica senza uscita, dove causa ed effetto si rincorrono e si cancellano a vicenda.
Un altro paradosso intricato è quello dell’informazione senza origine: immaginate di ricevere da uno sconosciuto venuto dal futuro un manoscritto contenente la soluzione di una complessa equazione.
Anni dopo, grazie a quel manoscritto, comprendete la formula e la pubblicate a vostro nome.
Ma è proprio questa vostra pubblicazione che, nel futuro, spingerà quello stesso uomo a tornare indietro nel tempo per consegnarvi la formula. E allora: chi l’ha davvero scritta?
L’informazione esiste ma non ha una vera origine. È un anello chiuso nel tempo, dove la conoscenza si autoalimenta, senza una causa iniziale. Come se fosse sempre esistita, creando un cortocircuito nella trama stessa del tempo.
E se fate caso, nei film di fantascienza, chi viaggia nel passato finisce spesso per creare un universo parallelo: una linea temporale alternativa che si dirama da quella originale nel momento stesso del salto.
Così gli sceneggiatori evitano il paradosso della causalità: le azioni del viaggiatore non alterano il suo passato, ma danno vita a una realtà separata dove tutto può succedere. Una soluzione elegante… ma puramente fantascientifica.
Nel film “Ritorno al Futuro”, invece, la logica è opposta: le azioni di Marty McFly modificano direttamente il corso della storia, compresa la sua. Il futuro cambia, si riscrive in tempo reale. Le fotografie sbiadiscono, i ricordi si dissolvono, le persone scompaiono. Marty rischia letteralmente di cancellare sé stesso, dando forma concreta al paradosso temporale.
Il mondo della fisica ha ipotizzato l’esistenza di un principio fondamentale: una sorta di meccanismo di autodifesa della natura che impedirebbe la formazione di paradossi temporali, rendendo semplicemente impossibile un viaggio nel passato.
Stephen Hawking lo definì “congettura di protezione cronologica”. E l’eventuale inesistenza dei cunicoli spazio-temporali, o l’impossibilità di attraversarli, potrebbe essere proprio l’espressione di questa autodifesa dell’universo: la natura che protegge il principio di causalità.
CONCLUSIONE.
Arrivati alla fine di questa serie sui viaggi nel tempo, mi rendo conto che, nonostante i tre episodi, ci sarebbero ancora un’infinità di cose da dire: altre teorie, altri paradossi, altre tesi e antitesi che la scienza ha prodotto su questo tema.
Ciò che voglio dirvi è che chiaramente nessuno crede davvero che un viaggio nel tempo sia realistico, e tanto meno dei geni come Kip Thorne o Stephen Hawking. Ma è proprio questo concepire scenari al di là della nostra esperienza immediata che ci conduce oltre i limiti del nostro presente.
Forse è proprio questo il vero viaggio nel tempo che possiamo e dobbiamo intraprendere.
Teorizzare l’impossibile ci permette di superare i nostri limiti, di mettere alla prova le leggi della fisica. Ed è proprio quando si mettono a nudo i limiti che talvolta si rivelano nuove possibilità.
Tra i tanti difetti che abbiamo, personalmente trovo che questa capacità di pensare all’impensabile sia la vera scintilla divina nell'uomo. E forse anche la sola.
Non dimentichiamoci che lo stesso Einstein riteneva che i buchi i neri, nati proprio dalle sue stesse equazioni, fossero solo delle soluzioni matematiche astratte e degli oggetti fisici ridicoli. E morì senza mai sapere che solo pochi anni più tardi l’umanità ne avrebbe invece provato l’esistenza.
Il tempo è uno dei concetti più misteriosi della fisica. E studiare questi temi, che a prima vista possono sembrare inutili, ci spinge in realtà a cercare il punto di rottura tra le due grandi colonne della fisica moderna: la relatività e la meccanica quantistica.
E magari un giorno sarà proprio attraverso lo studio dell’impossibile che riusciremo ad unirle, avvicinandoci al santo Graal della fisica: la cosiddetta Teoria del Tutto.
Vi do appuntamento al prossimo episodio, che non parlerà più di viaggi nel tempo.
E nel frattempo, cari amici, continuate ad appassionarvi di scienze.
A presto.
FONTI:
Conferenza dell’astrofisico Laurent Lehoucq - Utopiales 2017. https://www.youtube.com/watch?v=jM2XxcnXuZ0
Isenberg, J. A. (1981) "Wheeler-Einstein-Mach spacetimes"




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