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ABBIAMO PROVATO A CONTATTARE GLI EXTRATERRESTRI.

  • Photo du rédacteur: Andrea
    Andrea
  • 24 mars 2023
  • 12 min de lecture

Dernière mise à jour : 29 oct. 2023

Vi siete mai chiesti perché il dibattito sull'esistenza degli extraterrestri susciti un interesse così grande? In fondo... che cosa cambierebbe per ognuno di noi l'esistenza di alieni nel cosmo?


L'umanità ha addirittura costruito ed inviato dei messaggi destinati ad altre eventuali civiltà intelligenti, nella speranza che qualcuno raccolga queste bottiglie gettate in un oceano di smisurata grandezza.


Il video racconta e spiega la storia e il significato delle placche delle sonde Pioneer, del segnale di Arecibo e del disco d'oro delle sonde Voyager. Si conclude con la domanda su cosa accadrebbe se, in seguito ad un eventuale contatto, ci accorgessimo che gli extraterrestri fossero molto diversi da come avevamo sempre pensato.



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Vi siete mai chiesti come mai l’umanità sembri così ossessionata dal bisogno che esistano altri esseri viventi nel cosmo? E non forme di vita qualunque, ma preferibilmente degli esseri intelligenti, e ancora meglio se dotati di conoscenze e virtu’ ben superiori a quelle umane.


E in barba al pericolo che potrebbero invece rappresentare per la nostra esistenza, abbiamo persino provato a contattarli, inviando loro diversi messaggi.




VOGLIAMO TROVARLI, NE ABBIAMO BISOGNO.


Rigorosi scienziati, così come ufologi più stravaganti, ognuno cerca gli extraterrestri a suo modo e spera e fortemente di non doversi mai arrendere all’evidenza del silenzio cosmico che ci circonda.


Ma a pensarci bene, sarebbe molto più ragionevole che il quesito sull’esistenza di altre civiltà si risolvesse in un sonoro “chi se ne frega”. In fondo, restando pragmatici e quindi escludendo che siano nascosti sotto il nostro naso, nel migliore dei casi sappiamo che sarebbero ad una distanza tale dalla terra, da escludere ogni possibilità di incontro, o anche solo un dialogo degno di questo nome. Perché anche immaginando di trovare un linguaggio comune, una chat con tempi d’attesa di decenni, se non di migliaia di anni, non sarebbe il massimo per scambiarsi informazioni reciproche.


Ma allora perché questa contraddizione? Non servirebbe a nulla, ma bramiamo comunque di scovarli, al punto da inventarci un credo che più esplicito non potrebbe essere: I WANT TO BELIEVE. Voglio crederci, a tutti i costi.


non è una novità che voi umani non sappiate quello che volete

Oh no, questa volta lo sappiamo eccome, ma vi propongo di approfondire questo quesito nel finale, prima voglio raccontarvi di quando e di come noi esseri umani abbiamo provato a contattare gli extraterrestri.



LE PLACCHE PIONEER.

Tra il 1958 e il 78 il progetto Pioneer della Nasa ha previsto il lancio di 17 sonde con l’intento di esplorare il sistema solare, segnando l’alba… di un meraviglioso disastro. Perché almeno le prime 9 esplosero al lancio o fallirono la missione che, nella maggior parte dei casi, consisteva semplicemente nel riuscire a mettersi in orbita intorno alla Luna.


Capirete ora perché quando negli stessi anni il presidente Kennedy annunciò che in meno di un decennio proprio sulla Luna avrebbe fatto atterrare un uomo, l’ambizione sembrava decisamente irreale.


Le sonde Pioneer di seconda generazione ebbero più successo e partirono dapprima per l’esplorazione dei pianeti vicini, marte e venere, e poi le più famose, le sonde Pioneer 10 e 11 si avventurarono molto più lontano e raggiunsero rispettivamente Giove nel 1973 e Saturno nel 1979, regalando all’umanità le prime immagini ravvicinate dei giganti gassosi nonché un’infinità di dati preziosi per la comprensione del cosmo.


Ma una volta compiuta questa missione, il loro viaggio non si sarebbe fermato qui. Perché la loro velocità e la loro traiettoria le avrebbe fatte, in un futuro più lontano, uscire dal sistema solare. Si stima che Pioneer 10 raggiungerà la stella Aldebaran tra 2 milioni di anni, mentre Pioneer 11 raggiungerà una stella nella regione della costellazione dell’Aquila tra oltre 4 milioni di anni… ovviamente se il loro moto potrà continuare indisturbato tra gli imponderabili eventi dello spazio interstellare.


L’idea di utilizzare le traiettorie interstellari delle sonde Pioneer per recapitare un messaggio ad ET venne a Frank Drake e a Carl Sagan, gli astrofisici più in luce nel progetto SETI e nel dibattito sull'esistenza di civiltà extraterrestri.


per dovere di cronaca dovresti dire che in realtà fu il giornalista Eric Burgess a instillare per primo l’idea nella mente di Carl Sagan.

L’idea fu accolta dalla Nasa che accordò 3 settimane per realizzare un messaggio. Il supporto scelto fu una placca in alluminio anodizzato con oro, che sarebbe stata fissata sui supporti delle antenne di entrambe le sonde, in una posizione al riparo dall'erosione delle polveri interstellari.


2 cartoline spaziali, di 23 centimetri per 15, con il messaggio: “saluti dalla terra”.


Ma in generale tutti noi quando inviamo un messaggio, lo adattiamo alle possibilità di comprensione del destinatario. Se scriviamo ad un cugino americano, per esempio, lo faremo probabilmente in inglese, e se invece il nostro interlocutore è un non vedente, useremo il linguaggio brail, oppure un supporto audio.


Ma il problema dei messaggi inviati nel cosmo è che non abbiamo la minima idea di chi mai potrà intercettarli e trovarsi a volerne capire il significato. Non conosciamo lo sviluppo dei diversi sensi di cui un eventuale destinatario sarebbe dotato o le basi di matematica e fisica che potrebbe utilizzare come riferimento.


Tornando alle placche sulle sonde Pioneer, la prima chiave per decifrare poi il resto del messaggio si trova in alto a sinistra: si tratta di un atomo di idrogeno, l’elemento più comune nell’universo la cui struttura semplice di un solo protone con un solo elettrone si potrebbe presupporre sia ben nota anche ad altre civiltà.

Il simbolo sulla placca rappresenta il fenomeno chiamato transizione iperfine, che avviene quando l’idrogeno emette una radiazione che ha una lunghezza d'onda di 21 centimetri, che sarà quindi l’unità di misura del resto del messaggio.


Capite ora? Datelo in mano ad una civiltà che non ha le basi in fisica quantistica, e del messaggio non capirà nulla di più del semplice fatto che qualcuno nel cosmo ha voluto inviarlo.


Sul lato destro della placca sono rappresentati un uomo e una donna, disegnati da Linda Sagan, la moglie di Carl. Moltiplicando la nostra unità di misura di 21 centimetri per il numero 8 espresso a fianco in codice binario, si ottiene l’altezza media di 168 centimetri di una donna.


Inizialmente Linda disegnò gli umani che si tenevano per mano, ma si rese conto che gli extraterrestri avrebbero potuto interpretare la figura come una singola creatura invece che come due organismi distinti.

La mano destra dell'uomo è alzata in un saluto di pace, ma, poiché è poco probabile che il gesto venga compreso in tal senso, è più che altro utile a mostrare i nostri pollici opponibili e i movimenti degli arti.


Dietro il disegno degli esseri umani, nella stessa scala è anche rappresentata la sagoma della sonda Pioneer.


Sulla sinistra invece si trova una mappa astrale con la posizione del sole rispetto a 14 Pulsar, stelle di neutroni che emettono impulsi di radiazioni ad intervalli regolari. Sagan e Drake decisero di utilizzare le pulsar come riferimento sulla mappa perché pensarono che sarebbero state relativamente facili da riconoscere e da individuare per una civiltà che avesse delle conoscenze astronomiche. Le linee rappresentano la distanza delle pulsar dal sole al centro, e i trattini sulle linee corrispondono, in numeri binari, agli intervalli di pulsazione. E poiché gli intervalli cambiano ciclicamente nel tempo, sarebbe possibile così anche determinare l’epoca del lancio della sonda.


In fondo alla placca si trova uno schema del sistema solare, con il sole a sinistra e i pianeti nell’ordine leggendo verso destra, compreso plutone che all’epoca era ancora considerato come il nono pianeta.

La freccia indica il pianeta Terra da cui è partita la sonda, anche se è molto probabile che per una civiltà extraterrestre che non abbia praticato la caccia con l’arco nel suo passato, il nostro simbolo della freccia potrebbe non voler dire nulla o comunque non indicare una direzione.


Pochissimi scienziati terrestri a cui fu mostrato il messaggio furono capaci di decodificarlo, nonostante possedessero gli stessi sensi e gli stessi riferimenti scientifici di chi lo aveva composto.



IL SEGNALE DI ARECIBO.


Le placche sulle sonde Pioneer non sono l’unico messaggio costruito intenzionalmente a destinazione di una civiltà extraterrestre. Questa volta però, non si tratterà di un supporto fisico, ma piuttosto di un messaggio radio diretto verso l’ammasso globulare di Ercole che, viaggiando alla velocità della luce, raggiungerà tra 25 mila anni. Sto parlando ovviamente del famoso segnale di Arecibo, in Portorico, inviato nel 1974 ed ideato da diversi scienziati tra cui, di nuovo, Frank Drake e Carl Sagan.


Il messaggio è composto da 1679 cifre binarie, numero appositamente scelto in quanto è il prodotto di due numeri primi, il 23 e il 73, e in questo modo, sperando che chiunque lo riceva pensi ad ordinarlo in una forma rettangolare, le disposizioni possibili si limiterebbero a 16. Ma comunque una sola sarebbe quella giusta. Non abbiamo ancora iniziato a leggere il messaggio e siamo già ad incrociare le dita. Promette bene.


In alto, il messaggio inizia con la rappresentazione dei numeri da 1 a 10 in formato binario. Fino a qui niente di trascendentale, se non il fatto di dare per scontato che il destinatario legga, come noi, dall’alto in basso e da sinistra a destra. Cosa che non è sempre vera nemmeno sulla terra.


Subito sotto si trova un simbolo che dovrebbe rappresentare gli elementi costitutivi del DNA, ovvero idrogeno, carbonio, azoto, ossigeno e fosforo, espressi, sempre in formato binario, con il loro rispettivo numero atomico che corrisponde al numero di protoni di cui l’atomo si compone.


Scendendo, le cose si complicano e troviamo la descrizione delle molecole che compongono il DNA secondo lo schema precedente, dove il primo numero binario indica il numero di atomi di idrogeno che compongono la molecola, il secondo indica il numero di atomi di carbonio, il terzo di azoto, il quarto di ossigeno e il quinto di fosforo.


In seguito viene rappresentata graficamente la struttura a doppia elica del DNA, con una barra centrale che indica il numero di nucleotìdi.


Poi una figura umana, con il numero 14 in codice binario che, se moltiplicato per la lunghezza d’onda del messaggio di 126 mm, ne indica la statura media di 176 centimetri. Facile vero?

Sulla destra si trova il numero 4 miliardi codificato in 32 bit, per esprimere la popolazione mondiale nel 1974.


Più in basso si raffigura il sistema solare, con la Terra traslata leggermente in alto per indicare che è da questo terzo pianeta che è stato inviato il messaggio, che si conclude con una rappresentazione schematica del telescopio di Arecibo e altri numeri binari che se moltiplicati per la lunghezza d'onda del segnale ne indicano le dimensioni.


Non giriamoci troppo intorno, il messaggio di Arecibo è decisamente incomprensibile.

La maggior parte degli esperti terrestri che si prestarono all’esercizio di decifrarlo, si persero già alla seconda linea e la possibilità che sia ricevuto e capito da una civiltà extraterrestre è… beh irrilevante.

Irrilevante perché in realtà l’utilità del messaggio non sarebbe tanto di venire capito integralmente nel suo significato, ma piuttosto quella di dire a qualcuno…”vi stiamo cercando”. L’umanità emette già trasmissioni radio che si propagano nel cosmo da più di 100 anni, e la loro quantità e la loro diversità darebbero ad una eventuale civiltà che le intercettasse molte più informazioni su di noi di quelle contenute in un qualsiasi messaggio costruito appositamente. E la peculiarità del segnale di Arecibo consiste proprio nell’evidenza della sua intenzionalità che farebbe capire ad una civiltà extraterrestre che non ci siamo limitati a trasmettere inconsapevolmente, bensì che siamo alla ricerca attiva di un contatto con loro.




IL DISCO D'ORO DELLE SONDE VOYAGER.


Le sonde voyager 1 e voyager 2, lanciate nel 1977, sono gli artefatti umani più lontani dalla terra e si trovano ora ad oltre 20 miliardi di chilometri, in quello che si può considerare lo spazio interstellare.


Come per le sonde Pioneer, si pensò ad imbarcare a bordo un messaggio destinato ad eventuali civiltà che le sonde Voyager avrebbero potuto raggiungere in un lontanissimo futuro.


Questa volta il supporto scelto fu un disco per grammofono, del tutto simile ai comuni 33 giri in vinile. Un disco di 30 centimetri di diametro in rame placcato oro, inserito in un contenitore che gli avrebbe garantito di sopravvivere per miliardi di anni alle intemperie dello spazio. La custodia si componeva anche di un isotopo di uranio, il cui decadimento di una durata precisa di 4.4 miliardi di anni avrebbe permesso ad un'eventuale civiltà di determinare l'età dell’artefatto misurando la frazione di uranio rimanente.


Questo disco passerà alla storia con il nome di “Voyager Golden Record”.


A capo della commissione incaricata di concepire il messaggio, di nuovo Carl Sagan accompagnato da Frank Drake. Eh sì in quegli anni Sagan e Drake erano veramente gli “Elvis Presley” dell’astrofisica alla caccia di extraterrestri.


Sulla custodia si trovano le istruzioni per leggere il disco. Oltre ai simboli della transizione iperfine dell’idrogeno e la mappa delle 14 pulsar già utilizzate sulle sonde Pioneer, è inciso lo schema di un grammofono visto dall’alto e di lato, con i numeri binari che indicano la velocità di lettura di 3,6 secondi per giro.


Sulla destra è indicato come le immagini analogiche devono essere ricostruite partendo dai segnali contenuti nel disco:

l’aspetto generale della forma d'onda dei segnali con il numero binario che indica il tempo di scansione di circa 8 millisecondi

come disporre il segnale per tracciare l’immagine su una superficie rettangolare

la direzione della scansione da sinistra verso destra con il codice binario che indica il tempo di ciascuna scansione.

E infine la replica della prima immagine di calibratura per consentire ai destinatari di verificare che stiano decodificando correttamente i segnali.

Il messaggio del disco include molte informazioni sulla Terra e sui suoi abitanti, dipingendo un ritratto della diversità della vita e della cultura: fotografie della terra, degli esseri umani, della natura, registrazioni di suoni del vento, tuoni, animali, pianti infantili, brani di testi letterari e di musica classica e moderna, da Mozart a Chuck Berry. Se volete, potrete facilmente trovare ovunque sul web una lista più esaustiva del contenuto del disco.


Nel comunicato ufficiale che accompagnava il lancio delle sonde Voyager, il presidente Carter aggiunse:


“Questa sonda spaziale Voyager è stata costruita dagli Stati Uniti d'America. Siamo una comunità di 240 milioni di esseri umani tra gli oltre 4 miliardi che abitano il pianeta Terra. Noi esseri umani siamo ancora divisi in stati-nazione, ma questi stati diventeranno rapidamente un'unica civiltà globale.


Inviamo questo messaggio nel cosmo. È probabile che sopravviva per un miliardo di anni nel nostro futuro, quando la nostra civiltà sarà stata profondamente alterata e la superficie terrestre notevolmente trasformata. Dei 200 miliardi di stelle della Via Lattea, alcune, forse molte, potrebbero avere pianeti abitati e civiltà spaziali. Se una di queste dovesse intercettare Voyager e capire la registrazione, ecco il nostro messaggio:


Questo è un regalo di un piccolo e distante pianeta, un frammento dei nostri suoni, della nostra scienza, delle nostre immagini, della nostra musica, dei nostri pensieri e sentimenti. Stiamo cercando di sopravvivere ai nostri tempi, così da poter vivere fino ai vostri. Speriamo un giorno, dopo aver affrontato e risolto i nostri problemi, di poterci unire ad una comunità di civiltà galattiche. Questa registrazione rappresenta la nostra speranza e la nostra determinazione, la nostra buona volontà in un universo vasto e meraviglioso».




CONCLUSIONE.


Avrete capito che le probabilità che questi messaggi pervengano a civiltà extraterrestri sono infinitamente basse, e l’eventualità poi che vengano capiti interamente nel loro significato è ancora più remota.

Ma nonostante questo, li abbiamo comunque inviati. Semplicemente perché una probabilità infinitamente bassa sarà sempre e comunque infinitamente superiore a zero. Un dettaglio importante quando si nutre la curiosità e l’ardente speranza della loro esistenza.


Siamo la sola specie intelligente che conosciamo. E non neghiamo questa evidenza con sciocche considerazioni sull’intelligenza di altri animali, perché nessun delfino e nessuno scimpanzé si è mai dotato di un programma spaziale. E da più di 10 mila anni siamo anche i soli rappresentanti del genere Homo rimasti sulla terra. Allora la nostra ricerca nel cosmo potrebbe essere semplicemente giustificata dal fatto che, in qualche modo, ci sentiamo disperatamente soli in quanto specie intelligente.


O forse anche dal fatto che confidiamo che il sapere di eventuali esseri extraterrestri, nonché la loro grandezza d’animo, caratteristiche che spesso diamo per scontate, ci guidino a risolvere tutto il casino che abbiamo creato qui sulla Terra. Il riscaldamento globale? Eccovi le istruzioni per evitarlo. L’immortalità? Ecco il pezzo di DNA che vi serviva. L’esaurimento delle risorse? Pronte le formule di fisica che vi mancavano. E le guerre? Una roba per civiltà retrograde a cui presto non apparterremmo più a fronte di tutto il sapere che ci verrebbe trasmesso.


Sarebbe incredibilmente fantastico vero? E giustificherebbe tutti gli sforzi e l’impiego di tutte le risorse necessarie per rendere possibile un contatto e un tale scambio di informazioni preziose per la nostra stessa esistenza.


Ma immaginiamo per un attimo di ricevere un giorno un messaggio inequivocabilmente extraterrestre, magari proveniente da una stella relativamente vicina. Immaginiamo di riuscire a decifrarlo grazie ai migliori esperti del pianeta, e di riuscire a capire le basi del loro linguaggio in modo sufficiente per poter essere in grado di inviare loro una risposta. Fino a qui, niente di troppo irreale in fondo.

Dopo qualche decennio di scambi di messaggi potremmo immaginare di riuscire a comprenderci sufficientemente per poter organizzare un incontro, magari a metà strada in un punto preciso del tempo e dello spazio. Siamo d’accordo, qui entriamo in una speculazione che si apparenta più alla fantascienza che alla scienza.


Ma abbiamo visto in altri episodi che se il viaggio interstellare rimarrà una missione proibitiva per ancora molto tempo, non sarebbe impensabile che di fronte ad una posta in gioco di questa portata l’umanità potesse accelerare i tempi, prendendo rischi e dispiegando le risorse energetiche e tecnologiche necessarie per realizzare l’incontro.


Ne varrebbe sicuramente la pena: saremmo all’alba di una svolta unica nella storia della nostra civiltà.


Ma vi è mai capitato di pensare ad un ipotetico scenario in cui, dopo i primi convenevoli, ci rendessimo presto conto che anche questi nuovi amici extraterrestri, non fossero privi di contraddizioni, vizi, e dubbi esistenziali? Che non fossero riusciti meglio di noi a debellare definitivamente malattie come il cancro. Che non avessero trovato il modo di evitare l’invecchiamento per vivere in salute per lungo tempo. E magari che fossero ancora divisi in gruppi che mandano i propri sudditi a morire in guerre che non gli appartengono. E sorpresa delle sorprese: che anche loro non avessero risolto il dilemma dell’esistenza di Dio.


Ci avete mai pensato? Se ci rendessimo conto che gli extraterrestri speravano di ricevere da noi le stesse risposte per cui noi confidavamo in loro? E se fossero semplicemente e disperatamente come noi? Dei poveri diavoli che si chiedono da dove vengono e quale sia il loro posto nell’universo, il loro scopo, il senso della loro vita.


Se pensassimo che fossero questi gli extraterrestri, li vedremmo ancora in ogni luce strana nel cielo? Ci inventeremmo ancora i complotti necessari a tenerli gelosamente nascosti? O incominceremmo piuttosto a vederli come degli scomodi vicini di casa, la cui utilità sarebbe inferiore alla potenziale minaccia che rappresenterebbero, e la cui mediocrità ci inchioderebbe di fronte all’evidenza di dover risolvere i nostri problemi da soli, e di nuovo.


Se uno scenario del genere si presentasse, l’esistenza di intelligenza extraterrestre nel cosmo diventerebbe d’un tratto forse la scoperta più deprimente del genere umano, invece che la più eccitante, con ripercussioni sociali, filosofiche e religiose difficili da prevedere. I nostri problemi e i nostri dubbi esistenziali che prima pensavamo essere dei limiti puramente umani e terrestri non farebbbero altro che amplificarsi prendendo ora una dimensione cosmica. Il supplizio universale a cui sarebbe destinata ogni forma di vita intelligente.


Ma non preoccupatevi, questo scenario molto probabilmente non è destinato a presentarsi, almeno in teoria.


Nel frattempo, cari amici, continuate ad appassionarvi di scienze.

A presto.



FONTI


https://voyager.jpl.nasa.gov/golden-record/

https://it.wikipedia.org/wiki/Programma_Pioneer

https://it.wikipedia.org/wiki/Pioneer_10

https://it.wikipedia.org/wiki/Pioneer_11

https://it.wikipedia.org/wiki/Placca_dei_Pioneer

https://it.wikipedia.org/wiki/Messaggio_di_Arecibo

https://it.wikipedia.org/wiki/Voyager_Golden_Record


 
 
 

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