LA TEORIA DELLA RELATIVITA' RISTRETTA DI EINSTEIN.
- Andrea
- 14 févr. 2023
- 13 min de lecture
Nel 1905 Albert Einstein pubblica la Teoria della Relatività, ribattezzata in seguito “Ristretta” per distinguerla dalla Teoria Relatività Generale che Einstein pubblicò 10 anni più tardi.
Un teoria che stravolgeva quanto si pensava sapere sulle leggi che governano l’universo, e che rivelava al mondo l’esistenza di fenomeni straordinari quali la dilatazione del tempo e la contrazione dello spazio, considerati fino ad allora come la cornice assoluta ed immutabile all’interno del quale avvenivano i fenomeni naturali.
La Teoria della Relatività Ristretta implica anche che la massa rappresenti l'energia di un corpo, e ciò è espresso nell’equazione più famosa di tutti i tempi: E = mc².
Ci siamo tutti già trovati davanti a un contenuto scientifico interessantissimo che avremmo voluto capire in ogni sua singola virgola, ma che a un certo punto rimandava alla teoria della relatività che però per noi… non era così ovvia. Senza bisogno di scoraggiarsi davanti a formule complesse, resta alla nostra portata capirne i fondamentali che ci saranno utili quando in altri video andremo a parlare del viaggio interstellare, della materia oscura o di tanti altri temi ancora… in cui la teoria relatività c’entrerà in un modo o nell’altro.
Ma allora… dovremo essere pronti ad abbandonare ciò che il nostro intuito e i nostri sensi percepiscono come vero… ed assoluto.
LA RELATIVITA’ GALILEIANA.
Facciamo un passo indietro, e cominciamo con il dire che la teoria della relatività, di cui Einstein è legittimamente il padre, non è nata in un giorno. Il primo ad intuire il principio di relatività fu Galileo Galilei all'inizio del 1600, quando capì che dire che qualcosa si muove è sempre un'affermazione relativa.
La velocità di un oggetto non è una sua proprietà assoluta, ma dipende piuttosto dal punto di vista di chi osserva il movimento e dai riferimenti che si scelgono per misurare.
Pensate solo che in questo preciso momento anche se magari siete seduti sul vostro divano, in realtà state viaggiando a 220 km al secondo che è la velocità del Sistema Solare intorno al centro galattico, a cui potremmo aggiungere anche i 30 km al secondo della rivoluzione della terra intorno al sole. Eppure non percepite nessun movimento.
Si considera allora che nel sistema di cui fate parte la vostra velocità è uguale a 0, e inoltre dal vostro punto di osservazione è impossibile determinare se è la terra che si muove e il sole che rimane immobile o viceversa. Non a caso per migliaia di anni l’uomo ha pensato che fosse il sole a muoversi intorno alla terra… perché così era dal suo punto di osservazione, proprio per questo principio di relatività.
Immaginiamo ora di essere seduti sul sedile di un’ astronave che viaggia a 1000 Km orari in moto rettilineo uniforme, ovvero a velocità costante, senza accelerazioni, né frenate, né cambiamenti di direzione. Se non abbiamo finestrini per guardare un riferimento esterno, non avremo nessuna percezione del movimento e all’interno del sistema astronave di cui facciamo parte e a cui si dice “siamo solidali”… il nostro movimento sarà uguale a zero.
Ogni tipo di esperienza o esperimento che faremo sull’astronave risponderà alle stesse leggi della fisica della terra ferma: nonostante l’astronave viaggi a 1000 Km all’ora. Se lanciassimo una pallina perpendicolarmente alla nostra mano, la pallina ci ricadrebbe in mano esattamente come se lo facessimo sulla terra ferma.
Se ci alziamo in piedi e cominciamo a camminare a 5 km all’ora, la nostra velocità sarà solo di questi 5 Km orari della nostra camminata, nessun’altra velocità da aggiungere.
Ma dal punto di vista di un osservatore che ci saluta dalla terraferma, e che costituisce quindi un sistema esterno al nostro, per lui la nostra velocità di spostamento saranno i 1000 km all'ora dell'astronave + i 5 della nostra camminata.
Ecco dunque i fondamentali della relatività così come intuita da Galileo e che ci sarà utile ricordare per il seguito del nostro racconto:
un movimento è sempre relativo a un punto di osservazione
le leggi della meccanica sono sempre le stesse in ogni sistema di riferimento inerziale
e la cosiddetta composizione della velocità che fa sì che anche questa sia relativa ad un sistema ed a un punto di osservazione.
LA VELOCITA’ DELLA LUCE, LA CHIAVE DI TUTTO.
Galileo fu il primo a sospettare che la luce non si propagasse istantaneamente e cercò di misurarne la velocità, senza però riuscirci con i mezzi dell’epoca. Nel corso dei decenni molti scienziati si cimentarono nell’impresa arrivando a misure sempre più precise.
I lavori sull’elettromagnetismo di Maxwell alla fine del 1800 rivelarono un nuovo volto della fisica, per cui le leggi della meccanica di Galileo e Newton cominciavano a scricchiolare.
Era ormai noto che i campi elettromagnetici, quindi la luce, si propagassero nello spazio sotto forma di onde alla velocità di quasi 300 000 km al secondo. Ma se la luce era di natura ondulatoria, allora questo sottointendeva l’esistenza di una qualche sostanza che le permettesse di propagarsi nell’atmosfera e nello spazio interstellare. Un po’ come le onde sonore che per propagarsi hanno bisogno dell’aria e non si propagano nel vuoto dello spazio.
Il mondo della fisica era dunque convinto dell’esistenza dell'Etere, una fantomatica sostanza dalle proprietà straordinarie che avrebbe dovuto riempire ogni angolo dell’universo.
Nel 1887 Michelson e Morley tentarono di mostrare l'esistenza di questo Etere. I loro ripetuti esperimenti passarono alla storia, ma non per le ragioni che immaginavano gli autori.
Volendo provare l’esistenza dell’Etere, l’esperimento mise invece in evidenza il fatto che dei raggi di luce emessi in direzioni e con traiettorie diverse avessero sempre la stessa velocità, il che era in contrasto con quanto ci si aspettava dall’esperimento. Michelson e Morley dedussero allora che fossero gli strumenti a non essere sufficientemente precisi e tutti restarono convinti dell’esistenza dell’etere.
Tutti tranne Einstein che invece… di questo esperimento prese in considerazione l’altra evidenza, ovvero che la luce avesse sempre la stessa velocità.
Nel giugno 1905, Albert Einstein pubblica la teoria della relatività, un teoria dello spazio e del tempo, ribattezzata poi come Relatività ristretta per differenziarla dalla Teoria della relatività generale pubblicata 10 anni più tardi, che è invece una teoria della gravitazione di cui parleremo in un altro video.
La teoria della relatività ristretta si basa su 2 postulati fondamentali.
Il primo postulato è che le leggi della fisica siano le stesse per qualsiasi sistema di riferimento in moto rettilineo uniforme inerziale. Questo è coerente con quanto già presupposto da Galileo e da Newton per le leggi della meccanica, ma Einstein lo estende ora a tutte le leggi della fisica, comprese quelle dei campi elettromagnetici di Maxwell.
Il secondo postulato invece, è un vero vento di rivoluzione per l’epoca. Ed è che la velocità della luce sia una costante universale, ovvero sia sempre di 300 mila kilometri al secondo nel vuoto per qualunque osservatore, qualunque sia il moto della sorgente che la emette e qualunque sia la velocità dell’osservatore che la misura, da qualunque sistema di riferimento la si osservi.
Con parole più concrete: se misurassimo la velocità del raggio di luce emesso dai fari di una macchina completamente ferma, troveremmo lo stesso valore di 300 mila km al secondo anche se la macchina fosse in movimento in una direzione o in un’altra, e poco importa se la misura venisse fatta da un osservatore all’interno della macchina, o a kilometri di distanza.
Presupponendo una velocità costante e assoluta, Einstein in un colpo solo risolveva il dilemma dell’esperimento di Michelson e Morley sbarazzandosi dell’esistenza dell’etere, rinnegava il principio della somma delle velocità di Galileo, e al tempo stesso presupponeva che qualcosa di strano dovesse accadere allo spazio ed al tempo, finora considerati come la cornice immutabile dentro la quale avvenivano i fenomeni naturali.
Quanto si pensava di sapere sull’universo e sulle leggi che lo governavano… stava per essere scardinato per sempre.
NON ESISTE UN PRESENTE ASSOLUTO.
Se esiste una velocità che è costante assoluta…allora ci sono dei conti che non tornano più.
Siamo abituati a considerare simultanei due eventi che si verificano nello stesso istante. Nella vita quotidiana non abbiamo troppi problemi ad accordarci su cosa sia il presente e a sincronizzare i nostri orologi per essere puntuali agli appuntamenti.
Ma in realtà, la teoria della relatività ristretta dimostra che il tempo non è assoluto e uguale per tutti, ed anzi esiste un tempo proprio ad ogni sistema di riferimento. Ognuno di noi, vive un presente che varia a seconda del proprio moto… e se le variazioni nella vita di tutti i giorni sono talmente piccole da non essere percepibili, se il nostro moto fosse una frazione significativa della velocità della luce, allora anche la differenza dei tempi diventerebbe tangibile.
Immaginiamo di essere perfettamente al centro della nostra astronave che si muove con moto rettilineo uniforme, e immaginiamo di proiettare 2 raggi luminosi, uno verso un recettore in fondo alla astronave, un altro in testa. Dal nostro punto di vista, i 2 raggi arriveranno contemporaneamente in fondo e in testa dopo una frazione di secondo, poiché, come già enunciato da Galileo, il movimento rettilineo uniforme dell’astronave non ha nessun effetto sulle nostre esperienze. L’arrivo dei 2 raggi in testa e in coda è perfettamente simultaneo.
Ma dal punto di vista dell’osservatore che è rimasto fermo a terra, e che tenendo fede al secondo postulato misurerà la stessa velocità dei raggi di luce, il retro dell’astronave andrà incontro al raggio di luce proietatto verso sinistra, mentre la testa si allontanerà dal raggio proiettato verso la destra, facendo sì che il raggio di sinistra raggiunga il rispettivo recettore in coda all’astronave prima del raggio di destra diretto verso l’avanti.
Ed ecco che 2 eventi che per noi sull’astronave erano simultanei, non lo sono più dal punto di vista di un osservatore esterno al sistema.
Per quest’ultimo, il retro dell’astronave si trova allora già leggermente nel futuro, rispetto a noi al centro e rispetto alla testa della astronave, che sarà dunque leggermente nel passato. Eppure dal nostro punto di vista, testa e coda si trovano nel nostro presente, e i 2 raggi di luce raggiungono le 2 estremità nello stesso istante.
La prima conseguenza dei postulati di Einstein è proprio che la simultaneità di due eventi è sempre relativa a un sistema di riferimento. Il tempo non è più qualcosa di assoluto.
LA DILATAZIONE DEL TEMPO E LA CONTRAZIONE DELLO SPAZIO.
Se il presente non è più lo stesso in ogni sistema di riferimento, allora incominciamo a capire che la velocità influisce sul trascorrere del tempo in generale… e di conseguenza anche sullo spazio.
Immaginiamo 2 astronavi allineate e della stessa lunghezza di un kilometro e in ognuna di queste facciamo partire un raggio di luce che le attraversa dal fondo verso l’avanti. Ovviamente finché le 2 astronavi sono ferme, appartengono allo stesso sistema di riferimento e non vi è nessun problema di raggi che arrivino in testa uno prima dell’altro.
Ma se ipotizziamo ora che una delle 2 astronavi sia in movimento rispetto all’altra, si potrebbe intuitivamente dedurre che il raggio di luce sull’astronave in movimento impieghi più tempo per arrivare in testa, poiché sta in qualche modo inseguendo la sua meta. Ma se così fosse, cioè se impiegasse più tempo per percorrere la stessa lunghezza di un kilometro, allora vorrebbe dire che sull’astronave in movimento la velocità del raggio sarebbe inferiore a quella della luce misurata sull’astronave ferma.
Ma ciò è contrario al postulato che presuppone che la velocità della luce sia la stessa, per qualsiasi osservatore, e a prescindere dalla velocità dell’astronave.
Affinché questo postulato di Einstein sia rispettato, i 2 raggi di luce devono attraversare la lunghezza della loro astronave ed arrivare in testa nel medesimo istante come quando le astronavi erano entrambe immobili.
E perché ciò avvenga è necessario che la lunghezza dell’astronave in movimento, ovvero lo spazio percorso dal raggio di luce, si contragga e non sia più di un kilometro.
Il primo fenomeno previsto dalla teoria della relatività è che lo spazio di un sistema di riferimento in movimento risulti contratto rispetto a un sistema di riferimento senza moto.
Ma non è finità qui, perché la contrazione dello spazio non basta a far tornare i conti in maniera simmetrica.
Dal punto di vista dell’astronave in movimento, è in realtà l’altra astronave che si muove. Ricordatevi del nostro esempio di prima terra-sole per cui non esiste un sistema di riferimento assoluto. E allora si potrebbe di nuovo intuitivamente dedurre che il raggio di luce nell’astronave ferma impieghi meno tempo per arrivare dal fondo alla testa dell’astronave che le sta venendo incontro. Ma se così fosse, allora vorrebbe dire che la velocità del raggio di luce sarebbe superiore a quella misurata nell’astronave in movimento, e superiore alla velocità della luce stessa, il che infrange di nuovo il postulato.
Oltre alla contrazione delle distanze, è necessario anche un altro fenomeno affinché il postulato sia rispettato: la dilatazione del tempo. In un sistema di riferimento in movimento il tempo trascorrerà più lentamente rispetto ad un sistema immobile e ciò, combinato con la contrazione dello spazio, fa sì che i nostri raggi di luce attraversino la lunghezza della loro rispettiva astronave e arrivino in testo nello stesso istante.
In conclusione, la teoria della relatività ristretta di Einstein prevede che le misure di intervalli temporali e di lunghezze spaziali, cambino a seconda dell’osservatore e del sistema di riferimento, dando luogo a fenomeni come la dilatazione del tempo e la contrazione delle lunghezze. Questi fenomeni sono l’espressione dell'unione dello spazio tridimensionale e del tempo in un'unica entità quadridimensionale nella quale si svolgono gli eventi, chiamata appunto spazio-tempo.
A questo punto potremo dire che tutto questo è bellissimo… ma come si può dimostrare che l’intuizione geniale di Einstein abbia un riscontro nella realtà?
Nel 1940 i fisici Bruno Rossi e David Hall condussero un esperimento sui Muoni. Il muone è una particella subatomica instabile che si produce con i raggi cosmici nell’alta atmosfera e la cui durata di esistenza è 2.2 microsecondi quasi esatti. Quindi… anche viaggiando a una velocità prossima a quella della luce, 2,2 microsecondi di vita permetterebbero al muone di percorrere appena 660 metri…e quindi nessun muone dovrebbe mai riuscire ad attraversare i chilometri dell’atmosfera per arrivare fino alle strumentazioni di rilevamento situate a bassa quota. E invece proprio a causa della dilatazione del tempo e alla contrazione dello spazio previsti dalla teoria della relatività ristretta, i Muoni attraversano i chilometri dell’atmosfera e vengono rilevati fino al livello del mare.
Per il muone, ovviamente il suo tempo di vita rimane 2,2 microsecondi… la relatività non allunga la vita, ma dal suo punto di vista, la velocità a cui viaggia fa sì che lo spazio che deve attraversare si contragga, permettendogli così di arrivare fino alla superficie della terra prima di disgregarsi. E dal punto di vista di noi osservatori sulla terra, ipotizzando di poter metter un cronometro sul muone e di poterlo osservare visivamente mentre scende velocissimo nell’atmosfera, vedremmo il suo cronometro arrivare a 2.2 microsecondi al rallentatore in un tempo che per il nostro cronometro sulla terraferma sarebbe di 5 microsecondi o più in funzione di quanto la velocità del muone si avvicini alla velocità della luce.
E in questi cinque microsecondi che trascorrono per noi… il muone ha il tempo di arrivare fino al livello del mare, nonostante restino 2 microsecondi per lui.
Vediamo anche cosa succederebbe se potessimo inviare un’astronave alla metà della velocità della luce per percorrere i 250 milioni di chilometri che separano in media la terra da Marte. Dal nostro punto di osservazione dalla terra, 14 minuti saranno il tempo che aspetteremo prima che l’astronauta arrivi a destinazione.
Ma per l’effetto della contrazione dello spazio previsto dalla relatività, dal punto di vista dell’astronauta all’interno della astronave, arrivato su Marte il suo contachilometri avrà misurato solo 216 milioni di KM invece che i 250 milioni che misuriamo noi dalla terra. E per l’effetto della dilatazione del tempo, il suo cronometro segnerà 12 minuti di viaggio, quando noi sulla terra ne avremo aspettati 14.
Il coefficiente di dilatazione del tempo e di contrazione dello spazio, ovviamente non è aleatorio, ma è stato calcolato matematicamente dalle equazioni di Lorentz ed indicato con il simbolo Gamma. Senza inoltrarci nei calcoli matematici, è sufficiente capire che gamma dipende dalla velocità, e maggiore è la velocità, maggiore è gamma, quindi più andiamo veloci e più questo effetto relativistico di dilatazione del tempo e contrazione dello spazio è grande, su una curva che diventa incredibilmente ripida tanto più ci si avvicina alla fatidica velocità della luce.
E = M C 2.
Nella pubblicazione del giugno 1905 Einstein propone al mondo una nuova visione dello spazio e del tempo in base alla velocità di un sistema, ed è quanto abbiamo riassunto fino a questo punto.
Ma Einstein sentiva che mancava ancora qualcosa e che le conseguenze della sua teoria andavano più lontano di quanto lui stesso avesse immaginato. Durante l’estate continua a riflettere sulle implicazioni dell'articolo pubblicato a giugno. In una lettera ad un amico scrisse: “il principio di relatività associato alle equazioni dell'elettromagnetismo richiede che la massa di un corpo sia una misura diretta dell'energia che contiene”
E così, in un’ulteriore pubblicazione in settembre, Einstein aggiunse un brevissimo articolo di meno di tre pagine, che conteneva la famosa formula E = M per C al quadrato. L’equazione più famosa di tutti i tempi, che mette in relazione l’Energia e la Massa in funzione di una costante che è il quadrato della velocità della luce.
Einstein pensa ad un oggetto metallico che viene riscaldato, e al fatto che questo emetta così delle radiazioni che resteranno invisibili nella frequenza degli infrarossi se la temperatura non è troppo elevata da rendere l’oggetto incandescente. Queste radiazioni, che sappiamo oggi essere composte da fotoni, hanno una massa uguale a 0, eppure Einstein dimostrò che il corpo perdeva comunque della massa, per il semplice fatto di perdere energia tramite l'emissione di radiazioni.
In questo modo Einstein stabilisce una sorta di equivalenza tra energia e massa.
La massa non misura la quantità di materia contenuta in un corpo, ma la sua energia, e la velocità della luce non rappresenta più solo la velocità di propagazione di un particolare fenomeno fisico, ma diventa ora una costante universale della fisica che determina le misure di spazio e tempo in un sistema e che si manifesta in tutti i processi in cui l'energia è coinvolta.
La formula E=M per C al quadrato, implica che ogni granello di materia contenga energia per il semplice fatto di possedere una massa.
Pensiamo a una caramella di 10 grammi. Applicando la formula, ci rendiamo conto che la sua energia di massa è un valore colossale pari a più di 800 mila miliardi di joule, l’equivalente di una dozzina di bombe atomiche. La più piccola quantità di materia, racchiude in sé un'energia che se sapessimo trasformare integralmente… avremmo risolto ogni problema energetico sulla terra.
E invece da questa caramella il nostro corpo estrae solo una quantità insignificante di energia…sufficienti ad alimentare il nostro metabolismo.
E per citare la trasformazione inversa da energia a massa, pensiamo agli acceleratori di particelle come il CERN a Ginevra, dove lo scontro tra protoni accelerati a quasi la velocità della luce, genera la creazione di centinaia di nuove particelle e la cui massa totale è molto maggiore della massa dei protoni iniziali utilizzati per la collisione . Avviene dunque che la grandissima energia rappresentata dalla velocità dei protoni, si trasforma in massa, cioè in nuove particelle.
CONCLUSIONE.
Se questo è uno dei primi video che vedete sulla relatività, beh non scoraggiatevi se non avete capito tutto… perché è più che normale, anzi direi che sareste dei veri geni se aveste capito tutto alla prima… La teoria della relatività, a seconda di quanto si vuole andare nel dettaglio… non passa liscia come l’olio e non è lo stesso sforzo mentale che guardare un video per chiedersi se esistono gli extraterrestri.
Vi consiglio di vedere altri video di altri divulgatori, poiché ognuno ha un suo filo narrativo per spiegare, soffermandosi su dettagli diversi. Fidatevi, video dopo video il puzzle comincerà a prendere forma, non perdetevi d’animo.
Ma perché insistere nel cercare di capire una teoria tanto ostica? Personalmente ritengo che la teoria della relatività sia una di quelle scoperte che fanno parte dell’orgoglio dell’umanità, che hanno elevato l’animale che siamo a una maggiore comprensione delle leggi che regolano l’universo, e che dovrebbero far parte, seppure a grandi linee, del sapere collettivo comune.
Nel frattempo, cari amici, continuate senza scoraggiarvi ad appassionarvi di scienze.
FONTI:
E = mc² , la formule expliquée par Etienne Klein, 2019.
Notions de base sur la relativité générale et la relativité restreinte, Conferenza di Roland Lehoucq, CEA Recherche 2017.
https://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_ristretta
https://it.wikipedia.org/wiki/Trasformazione_di_Lorentz
https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_di_Michelson-Morley
https://einsteinpapers.press.princeton.edu/vol5-trans/43




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