LA TEORIA DELLA RELATIVITA' GENERALE. E L'UNIVERSO NON FU MAI PIU' LO STESSO.
- Andrea
- 6 avr. 2023
- 10 min de lecture
Dernière mise à jour : 21 avr. 2023
Appena pubblicata la Teoria della Relatività Ristretta nel 1905, Einstein si rese conto di aver aperto delle porte che avrebbero rimesso in discussione alcune delle più solide teorie dell'epoca, prima fra tutte la Teoria della Gravitazione Universale di Isaac Newton, che per secoli aveva permesso di spiegare la traiettoria di tutti i pianeti del sistema solare.
O quasi...
Nel 1916, Einstein pubblicò la Teoria della Relatività Generale, una teoria della gravitazione che ancora oggi è alla base dei moderni modelli cosmologici e della struttura a grande scala dell'universo.
Questo episodio ripercorre la storia della nascita di questa teoria e delle intuizioni che si susseguirono nella mente di Einstein.
In un precedente episodio abbiamo parlato della teoria della relatività ristretta, pubblicata da Einstein nel 1905, che scardinò tutto quello che pensavamo di sapere sul concetto di spazio, tempo e massa.
Ma Einstein si rese presto conto che questa sua teoria che in un sol colpo offriva al mondo così tante nuove conoscenze, in realtà sollevava ancora più domande ed apriva porte a cui nessuno aveva mai osato bussare.
IL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA.
Siamo nel 1907, appena 2 anni dopo la pubblicazione della relatività ristretta. Einstein racconta che un giorno gli capitò di sognare ad occhi aperti quella che egli stesso definirà come "l'intuizione più straordinaria della sua vita" e che sarà poi all'origine del cosiddetto "principio di equivalenza", il cardine fondamentale della teoria della relatività generale.
Ma facciamo un passo indietro. Einstein pensò al fatto che i corpi, nel vuoto, quindi trascurando ogni eventuale attrito dell'aria, cadono tutti alla stessa velocità, indipendentemente dal loro peso e dalla loro massa. Questo fenomeno era ben noto già ai tempi di Galileo e fu esplicitato con la teoria della gravitazione universale formulata nel 1687 da Isaak Newton, che calcolò la forza dell'attrazione gravitazionale sulla superficie terrestre di 9,8 metri al secondo quadrato.
Ricordatevi ora del principio fondamentale della relatività già enunciato da Galileo secondo cui un moto è sempre relativo ad un osservatore. Se il concetto non vi è familiare, vi invito a dare un’occhiata all’episodio sulla relatività ristretta. Ciò comporta che se noi cadessimo nel vuoto insieme ad un sasso e ad una piuma e alla loro stessa velocità, allora la nostra velocità di caduta rispetto a questi oggetti sarebbe uguale a zero, e viceversa. Quindi potremmo dire che in caduta libera avremmo una sensazione simile a quella che avremmo nello spazio in assenza di gravità, senza la percezione dell'effetto del nostro peso.
Quindi, pensando attentamente a quanto appena detto: l'effetto del nostro peso, che è la caduta, sembra annullare la causa della caduta, che è il nostro peso. Potrebbe sembrare un grattacapo senza soluzione, ma in realtà è più intuitivo di quanto non sembri.
Ad esempio, questo fenomeno si può osservare nei cosiddetti voli a 0 g, in cui gli aerei predisposti a tale scopo eseguono una caduta libera per simulare temporaneamente l'assenza di peso, e dove gli oggetti all'interno dell'aereo, compresi i passeggeri, galleggiano nell'aria senza risentire dell'effetto della gravità.
Oppure, più semplicemente, potremmo prendere l'esempio della stazione spaziale internazionale. Si trova ad appena 400 Km dalla terra e quindi capite bene che quando vedete i suoi occupanti fluttuare in assenza di peso non è certo perché questi si trovino ad una distanza al di là dell’influenza gravitazionale della terra. La loro assenza di gravità è in realtà l’effetto della loro costante caduta verso la terra senza mai toccarne la superficie grazie ad una velocità laterale sufficiente ad evitare costantemente l’impatto.
E di nuovo… l’accelerazione della loro caduta, annulla l’effetto del loro peso e della gravità.
Ed Einstein, anche se non poteva certo contare su questi esempi moderni, iniziò comunque ad intuire questa sorta di correlazione tra accelerazione e gravità, per cui una può annullare l’effetto dell’altra, oppure, in senso opposto, ricrearlo. Così spinse più in là il suo esperimento mentale e pensò ad un uomo il cui peso sulla superficie terrestre sarebbe stato di 80 chili ed immaginò di inviarlo nello spazio profondo lontano da altri oggetti massivi dove, in assenza di qualsiasi gravità, il suo peso sarebbe stato uguale a zero. Poi pensò che, se l’astronave in cui l’uomo si trovava avesse avuto un’accelerazione di 9,8 m/s^2 pari alla forza di gravità sulla superficie terrestre, il conseguente schiacciamento verso il basso dell’astronave avrebbe fatto sì che l’uomo ritrovasse il suo peso di 80 chili, ricreando dunque lo stesso effetto della gravità terrestre.
Ed eccoci arrivati al famoso “principio di equivalenza di Einstein tra gravità ed accelerazione" che afferma che la forza dovuta all'attrazione gravitazionale di un corpo massivo su un oggetto, è uguale alla forza fittizia di cui lo stesso oggetto risentirebbe se si trovasse in un sistema non inerziale, con un'accelerazione pari a quella gravitazionale.
Così come l’accelerazione della caduta libera annulla il peso dell’uomo sull’astronave l’accelerazione ricrea l’effetto del suo peso e, in assenza di finestre che gli permettano di avere dei riferimenti esterni, l’uomo non potrà fare la differenza tra il trovarsi sulla terraferma sottoposto alla sua gravità, o su un’astronave con un’accelerazione di 9,8 metri al secondo quadrato.
E la parte più importante per il seguito del nostro racconto: ogni tipo di esperienza o esperimento che l’uomo effettuerà sull'astronave in accelerazione, produrrà gli stessi effetti e risultati come se li facesse sulla terraferma.
LA CURVATURA DELLO SPAZIO.
Una volta estorto alla natura questo segreto dell’equivalenza tra la gravità e l’accelerazione, Einstein continuò a riflettere su cosa tutto questo comportasse.
Riprendiamo l’esempio della nostra astronave la cui accelerazione riproduce gli effetti della gravità.
devo segnalarti che gli esperimenti mentali di Einstein coinvolgevano piuttosto degli ascensori, non delle astronavi e dei razzi.
Sì ma se non ti dispiace… per parlare di assenza di gravità ed accelerazione… credo risulti più semplice utilizzare l’esempio dei razzi. Ma sì, tenete conto che Einstein pensò piuttosto a degli ascensori.
Einstein immaginò poi di proiettare un raggio di luce da una parete all’altra dell’astronave, o dell’ascensore poco importa. E’ facilmente intuibile che, per effetto dell’accelerazione, attraversando l’abitacolo la proiezione della luce sulla parete opposta risulterà leggermente spostata verso il basso, come se il raggio fosse deviato. Ma, per il principio di equivalenza, se questa deviazione si produceva sull’astronave accelerata, allora doveva prodursi anche sulla terra in presenza della gravità, invece che dell’’accelerazione. Ricordate quanto detto poco fa: tutti gli esperimenti effettuati sull’astronave in accelerazione, produrranno gli stessi risultati come se li facessimo sulla terra.
Compreso questo di proiettare un raggio di luce che attraversa l’abitacolo.
E allora nella mente geniale di Einstein cominciò a farsi largo l’idea che anche la gravità, così come l’accelerazione, potesse curvare la traiettoria della luce.
Ma come era possibile? Un fondamentale indiscutibile della fisica era che la traiettoria della luce seguisse sempre il percorso più corto per andare da un punto A ad un punto B, quindi sempre una linea retta. Ma allora c’era qualcosa che non andava… come sarebbe stato possibile che la traiettoria della luce potesse essere una linea curva? Cosa poteva deviarne la linearità?
A questo punto Einstein capì che, sì, la luce seguiva sempre il percorso più diretto, ma che nell’universo questo non era sempre una linea retta ed anzi, in presenza di gravità, poteva essere una traiettoria incurvata.
Per capire meglio questa intuizione di Einstein, potremmo pensare al fatto che sulla terra siamo comunemente portarti a dire che il percorso più breve tra 2 punti sia una linea retta, e che il viaggio più corto tra 2 città sarà un volo con una traiettoria perfettamente dritta. Ma in realtà sappiamo tutti che, non potendo trafiggere la terra, il percorso dell’aereo seguirà piuttosto una linea curva, imposta dalla rotondità della superficie terrestre.
E allo stesso modo Einstein capì che nel cosmo la presenza di forze gravitazionali poteva far sì che la luce fosse obbligata a tracciare delle traiettorie incurvate per seguire la curvatura dello spaziotempo causata dalla presenza di corpi celesti massivi.
Ed ecco che il cerchio incominciava a chiudersi.
La traiettoria della luce così come poteva essere distorta dall’accelerazione, poteva esserlo anche per effetto della gravità, secondo il principio di equivalenza. E la gravità, di cui si risente l’effetto in presenza di una massa, non poteva dunque essere altro che il risultato di una curvatura dello spazio prodotta appunto da corpi celesti massivi, spiegando così il fenomeno della traiettoria incurvata della luce che cadeva in questi “fossi gravitazionali” dello spazio tempo.
Ed ora, una volta trovati gli elementi del puzzle, Einstein era pronto a condividere con il mondo intero la sua scoperta.
UNA RIVOLUZIONE COSMICA.
Einstein si rese conto che la matematica necessaria a descrivere questa nuova geometria dello spazio era di una complessità che andava al di là anche delle sue capacità.
Contattò allora un suo vecchio compagno di studi al politecnico di Zurigo, Marcel Grossman, che nel frattempo era diventato uno stimato matematico esperto di quella geometria cosiddetta “non euclidea”. Grossman lavorò con Einstein per diversi anni fornendogli gli strumenti matematici necessari per descrivere la curvatura dello spaziotempo e sviluppando dei calcoli pieni di concetti matematici, come i tensori, assolutamente incomprensibili per la maggior parte di noi, ma necessari a descrivere la relazione tra la distribuzione della materia e la curvatura dello spaziotempo, quindi della gravità.
Nel 1916 Einstein pubblicò la Relatività Generale, una teoria della gravitazione che ancora oggi è alla base dei moderni modelli cosmologici e della struttura a grande scala dell'universo.
Il mondo lo acclamò con una grande standing ovation? No, per niente.
La Relatività Generale stravolgeva lo status quo delle più solide teorie scientifiche dell’epoca, prima fra tutte la Teoria della Gravitazione universale di Isaak Newton che per secoli aveva permesso di spiegare il moto degli astri, e persino di trovare nuovi pianeti grazie al calcolo, come per esempio fu il caso di Nettuno.
Ma per un momento nella storia, Einstein si trovò ad essere il solo uomo sulla terra ad avere compreso questo segreto della fisica che regola l’universo in cui viviamo. Solo contro tutti.
Diversi scienziati a lui contemporanei in un primo tempo dubitarono della veridicità della Relatività generale, e taluni denigrarono Albert Einstein stesso nella sua persona.
Chi era quest’uomo che osava sottintendere che le leggi della fisica conosciute e utilizzate da tutto il mondo scientifico dell’epoca erano fondamentalmente sbagliate o quantomeno imperfette?
Nella Teoria della gravitazione di Newton lo spazio ed il tempo erano considerati come delle costanti universali che costituivano la cornice immutabile dentro la quale avvenivano i fenomeni naturali, e la gravità era una forza misteriosa che agiva a distanza ed istantaneamente tra gli oggetti massivi, senza ovviamente nessun effetto sullo spazio o il tempo circostanti.
Per Einstein invece, la gravità non era più da considerarsi una forza invisibile, bensì semplicemente il risultato della curvatura dello spazio dentro la quale cadevano gli oggetti, compresa la luce.
Ma ai tempi di Einstein, era necessario provare che questa rivoluzione nel campo della scienza potesse essere dimostrata empiricamente.
LA PRECESSIONE DEL PERIELIO DI MERCURIO.
Orbita dopo orbita, la traiettoria dei pianeti del sistema solare non si richiude esattamente su un’ellisse fissa e perfetta, ma compie piuttosto un moto cosiddetto “a rosetta”, facendo sì che l'asse dell'ellisse ruoti lungo il piano dell'orbita così che la posizione del perielio, il punto più vicino al sole, si sposti gradualmente rivoluzione dopo rivoluzione.
Questo fenomeno è chiamato in astronomia “precessione del perielio” e, ai tempi di Einstein, quello di Mercurio poneva un bel problema al mondo della scienza.
Già nel 1859, il francese Urbain Le Verrier, lo stesso astronomo che pochi anni prima aveva calcolato la posizione dove si sarebbe poi scoperto il pianeta Nettuno, aveva rilevato un’anomalia nell’orbita di Mercurio, la cui precessione del perielio, si scostava di un piccolo angolo rispetto alla posizione attesa secondo le leggi della fisica newtoniana. Parliamo di uno scarto minimo, di appena 43 secondi d’arco per secolo. Un capello, apparentemente insignificante, ma in astrofisica non c’è spazio per l’approssimazione, o le leggi funzionano precisamente, dappertutto e per ogni corpo, oppure per definizione non possono considerarsi universali. Le eccezioni significano che c’è qualcosa che non va e che si nasconde da qualche parte una variante non ancora integrata nei calcoli.
Quindi perché le leggi newtoniane potevano spiegare e addirittura prevedere alla perfezione il moto di tutti i pianeti del sistema solare, ma lasciavano questo scomodo interrogativo sull’orbita di Mercurio?
Le Verrier suggerì che questa discrepanza potesse essere spiegata con la presenza di un pianeta nascosto tra Mercurio e il Sole, che successivamente l’astronomia dell’epoca battezzò Vulcano, ma di cui non fu mai trovata traccia, poiché non esisteva.
Einstein propose allora l’applicazione della teoria della relatività per il calcolo dell’orbita di Mercurio, includendo ora l'effetto della curvatura dello spazio-tempo prodotta dalla massa del Sole che influenzava il pianeta a lui più vicino in modo molto maggiore di quanto influenzasse gli altri pianeti più lontani.
E…magia, i conti tornavano perfettamente. Applicando le formule della relatività generale, lo scarto della precessione del perielio di Mercurio trovava una spiegazione incontrovertibile.
Questa teoria appena nata, aveva già la capacità di risolvere enigmi ed incoerenze matematiche che albergavano in seno alla scienza da decenni.
L’ECLISSI DI SOLE DEL 1919.
La dimostrazione del calcolo del perielio di Mercurio cominciò a far capire al mondo scientifico che la teoria della relatività generale avrebbe fatto parlare di sé nel corso della storia, ma non fu comunque sufficiente a dissipare completamente tutte le diffidenze. Allora in un articolo pubblicato nel 1911, Einstein sostenne che il fenomeno della curvatura dello spazio tempo previsto dalla Relatività generale si sarebbe potuto dimostrare durante un’eclisse totale di sole, osservando la posizione delle stelle in prossimità del sole, che sarebbe dovuta apparire diversa da quella osservata abitualmente nel cielo notturno, proprio a causa della deviazione della traiettoria della luce causata dalla gravità della massa solare.
L’occasione si presentò nel 1919, dopo la fine della prima guerra mondiale, quando una spedizione guidata da scienziati britannici si recò sull’isola di Principe al largo dell’Africa occidentale, e a Sobral, una città in Brasile, dove si sarebbe potuta osservare un’eclisse totale.
Per poco meno di sette minuti, la luna oscurò la luce del Sole nel cielo e rese visibili alcune delle stelle della costellazione del toro. In quel momento il sole si trovava sulla traiettoria della loro luce in direzione della terra e, misurando le posizioni di queste stelle durante l'eclisse, gli scienziati poterono constatare lo scarto dalle loro posizioni abituali nel cielo notturno, secondo quanto previsto dalla teoria della Relatività Generale. Confermarono così la deviazione della loro luce dovuta alla curvatura dello spazio provocata dalla massa del sole che si interponeva tra queste stelle e la terra.
A partire da questo momento, Einstein divenne una celebrità, e la sua teoria non lasciò più spazio ai dubbi.
CONCLUSIONE.
La teoria della relatività generale di Albert Einstein, rivoluzionò il modo di comprendere la gravità. Le leggi di Newton concepivano la gravità come una forza di attrazione istantanea tra i corpi, che dipendeva dalle loro masse e dalla distanza che li separava. La relatività generale invece permette ancora oggi di comprendere la gravità come la conseguenza della curvatura dello spazio-tempo causata dalla presenza di masse ed energie.
E poiché nulla può avere una velocità superiore alla luce così anche la gravità, o meglio la curvatura dello spazio che ne produce l’effetto, si trasmette alla velocità della luce e non istantaneamente come secondo le leggi di Newton. Se il sole evaporasse e sparisse in questo istante, l’orbita della terra non verrebbe minimamente perturbata per i prossimi 8 minuti, che sarebbe il tempo impiegato dalla curvatura dello spazio-tempo per percorrere, alla velocità della luce, i 150 milioni di chilometri che separano il sole dalla terra.
Nel 1962 il fisico John Wheeler descrisse la Relatività Generale con queste semplici ma illuminanti parole: “Lo spaziotempo dice alla materia come muoversi; e la materia dice allo spaziotempo come curvarsi”. Questa è la relatività Generale nella sua essenza.
Vi do appuntamento al prossimo episodio e, nel frattempo cari amici, continuate ad appassionarvi di scienze. A presto.
FONTI:
Einstein: His Life and Universe – May 13, 2008 by Walter Isaacson
Intervista a Etienne Klein, CEA, Gennaio 2022
A Journey into Gravity and Spacetime - January 1, 1990 by John Archibald Wheeler
https://einstein.stanford.edu/SPACETIME/spacetime2.html
https://www.eso.org/public/switzerland-it/images/potw1926a/
https://it.wikipedia.org/wiki/Interazione_gravitazionale
https://it.wikipedia.org/wiki/Caduta_dei_gravi
https://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_equivalenza
https://en.wikipedia.org/wiki/Tests_of_general_relativity
https://www.treccani.it/enciclopedia/precessione-del-perielio_%28Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica%29/#:~:text=Nel%20corso%20dell'Ottocento%2C%20infatti,%2C6%20gradi
https://it.wikipedia.org/wiki/Precessione
https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_gravitazione_universale




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