top of page

IL MISTERO DELLA MORTE.

  • Photo du rédacteur: Andrea
    Andrea
  • 15 févr. 2023
  • 7 min de lecture

Un racconto che traccia la storia di come la definizione di morte sia evoluta nel corso degli ultimi secoli, spiegando la differenza tra la morte cerebrale e gli altri stati di morte e di danneggiamento del cervello. Si spiega il perché la morte cerebrale sia considerata irreversibile dalla scienza e il perché vada ben distinta dalla morte clinica delle Near Death Experience, le esperienze di morte imminente. Il link del primo episodio su “Morti che si muovono, il segno di Lazzaro”: https://youtu.be/8wn699Z-stg


ree

Abbiamo aperto il primo episodio con la domanda esistenziale su che cos’è la morte, e ci siamo lasciati sul profondo dilemma del perché le neuroscienze escludono unanimemente e categoricamente ogni possibilità di recupero dalla morte cerebrale, quando abbiamo visto che questi, oramai cadaveri, possono in realtà ancora respirare se aiutati con macchine, il loro cuore può battere autonomamente e… addirittura possono ancora muoversi, anche dopo morti.


E allora... facciamoci coraggio per guardare la morte negli occhi e cercare di capire meglio cos’è.



L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI MORTE.


L’uomo si interroga sulla morte letteralmente da sempre. E già nell’antica grecia i filosofi si ponevano il quesito di come si potesse essere certi che un corpo esanime fosse realmente ed irreversibilmente privato di ogni coscienza, e quindi pronto per essere inumano.


E questo interrogativo risveglia una delle paure più ancestrali che l’uomo abbia mai avuto: quella di essere sepolto vivo: risvegliarsi cosciente, chiuso dentro un sarcofago in cui rimarrà intrappolato fino a che la morte per asfissia non sopraggiunga, e questa volta per davvero.


Esiste persino una vera e propria patologia, la tafofobia, dal greco taphos, che significa sepolcro, ovvero la paura di essere sepolti vivi in seguito ad una errata constatazione della propria morte.

E se oggi questa fobia è lo spettro di solo poche persone, nel corso della storia ha accompagnato la società per secoli… e forse non a torto.


Nel 1700, in un'Europa profondamente Cristiana, la morte era quando l’anima si separava dal corpo, consegnatosi così a Dio dopo l’esalazione dell’ultimo respiro. La dichiarazione della morte era affidata al parroco che teneva il registro delle sepolture. Nessun medico per certificare la morte e ovviamente nessun protocollo… se non quello di aprire la finestra per lasciare che l’anima andasse a Dio.


In questo contesto dilagano i racconti, talvolta leggende ma comunque sintomatici dell’umore della gente, che narrano di persone sepolte vive. E alla luce delle conoscenze odierne, si può affermare con certezza che, anche al netto delle leggende dell’epoca, diverse persone siano state sicuramente dichiarate morte anzitempo e quindi sepolte vive.


Verso metà del 18esimo secolo, i medici cominciarono allora ad essere chiamati in causa nelle certificazioni di morte, ma in assenza di strumentazioni avanzate i protocolli si limitavano ancora a mettere un bicchiere d’acqua sul diaframma o uno specchio davanti al naso o alla bocca per rilevare il respiro.


A quell’epoca era dunqua l’assenza del respiro che determinava la morte di un individuo.


La paura di essere sepolti vivi dilaga tra la gente comune. Nel 1800 si diffondono testamenti dove i vivi lasciano disposizioni su come voler essere seppelliti una volta morti, e si inventano bare con sistemi di sicurezza di ogni genere, con campanelli, camere d’aria o finestrini.


Poi, nel 1816 il medico francese Rene Laennec inventa lo stetoscopio, lo strumento che ancora oggi è in uso per l'auscultazione del cuore e del battito cardiaco. E a partire dalla seconda metà del 19esimo secolo, il criterio per determinare la morte si sposta dalla respirazione dei polmoni, al battito del cuore e il medico è ormai la figura professionale che ha l’autorità di certificare la morte di un paziente.


Ma anche il cuore sembra non essere totalmente affidabile e ci si rende presto conto che non è impossibile che possa ritornare a battere una volta fermatosi.


Bisogna aspettare il 20 secolo per cominciare a conoscere meglio quell’organo straordinariamente misterioso che è il cervello.


Un pubblicazione del 5 agosto 1968 realizzata da un comitato di esperti di Harvard propone una definizione teorica e operativa della morte cerebrale.

Oggi quasi tutti gli Stati del mondo, identificano legalmente la morte con la morte cerebrale, basata a sua volta sui criteri di Harvard.


E così, arrivati ai giorni nostri, dopo l’anima, il respiro e il battito cardiaco, è ora l'attività cerebrale che è diventata il segno su cui si determina lo stato di vita o di morte.



COMA, STATO VEGETATIVO E MORTE CEREBRALE.


L'irreversibilità della morte cerebrale lascia ancora più di una perplessità nell’opinione pubblica che spesso la confonde con i diversi stati di morte o di coma.


Ed in effetti agli occhi della gente comune queste condizioni possono sembrare tutte simili: i pazienti sono tutti incoscienti e sempre collegati a strani macchinari che suonano e lampeggiano e di cui la maggior parte di noi non ne conosce esattamente la funzione.


Ma in realtà distinguere la morte cerebrale da tutti gli altri stati di morte o di danneggiamento del cervello, è fondamentale, ed è letteralmente una questione di vita o di morte.


Il cervello si compone principalmente di due parti: la corteccia e il tronco encefalico.


La corteccia è la parte più esterna ed è la sede delle funzioni mentali cognitive complesse come il pensiero, la consapevolezza, la memoria, l’attenzione e il linguaggio.


Mentre il tronco encefalico è la parte interna inferiore che controlla la respirazione, i cicli del sonno, la regolazione della temperatura corporea ed è il centro della coscienza umana.


Se è la corteccia ad essere danneggiata si può perdere conoscenza ed entrare in un coma la cui gravità viene valutata e definita usando uno standard internazionale chiamato “la Scala di Glasgow” che attribuisce un punteggio in funzione di come un paziente reagisce a determinati stimoli sensoriali protocollati.


Per quanto il coma possa essere grave, se il tronco encefalico è ancora funzionante un paziente può ancora respirare autonomamente e se i danni alla corteccia cerebrale si riassorbono, da soli o grazie all’intervento chirurgico, un paziente può risvegliarsi dal coma anche dopo periodi molto lunghi recuperando totalmente o parzialmente le capacità motorie, sensoriali e cognitive.


Il cosiddetto “stato vegetativo” invece è semplicemente uno stato di coma che si prolunga per oltre 4 settimane.

Una persona in questo stato non viene automaticamente dichiarata morta, ma dopo un lungo tempo senza miglioramenti né prospettive di recupero, in molte legislazioni è possibile valutare la sospensione dell’alimentazione forzata considerandola in questi casi come un accanimento terapeutico.


Il discorso però è completamente diverso quando è il tronco encefalico a cessare le sue funzioni. In questo caso l’individuo non solo non è più in grado di attivare autonomamente i muscoli preposti alla respirazione, ma non ha più personalità, non ha più né intelligenza né memoria, non è più in grado di provare fame, sete, emozioni.


Si parla allora di morte cerebrale… da cui purtroppo, non si può tornare.


La morte cerebrale, è la morte. Tutte le fonti che ho consultato in diverse lingue convergono categoricamente sul fatto che ripristinare le funzioni del tronco encefalico una volta cessate “non è mai stato possibile e mai lo sarà”.


Il cervello è irrimediabilmente distrutto.


E l’elemento chiave per comprendere il perché la scienza sia così categoria, risiede nel fatto che la distruzione non avviene solo sul piano della funzionalità, ma anche su quello anatomico perché le cellule del cervello una volte morte cominciano a decomporsi e a produrre degli enzimi che aggrediscono e demoliscono tutte le altre cellule, innescando così un meccanismo inarrestabile di quasi autodistruzione.


Ed ecco perché la scienza si permette con assoluta certezza di considerare irreversibile la morte cerebrale.



LA MORTE CLINICA E I RITORNI DALL’ALDILA.


La cosiddetta morte clinica è ben differente dalla morte cerebrale.


Con morte clinica si intende la cessazione del battito cardiaco e della respirazione, e sebbene il termine sia ancora utilizzato, in fin dei conti non è che la versione moderna e migliorata della definizione della morte di qualche secolo fa: solo cuore e respiro… la morte clinica non tiene conto del cervello… . anche se ovviamente la morte cerebrale sopraggiunge inevitabilmente poco dopo la morte clinica.


Ma grazie allo sviluppo delle tecniche di rianimazione cardiopolmonare, all’uso di adrenalina e alla diffusione dei defibrillatori, oramai la morte clinica non è più considerata come uno stato irreversibile. Si può far sì che questo processo di morte, non arrivi alla morte cerebrale, la vera morte. Alcuni hanno addirittura ribattezzato la morte clinica come “morte apparente”.


Ed è doveroso precisare che le meravigliose testimonianze di Near Death Experience, le esperienze di morte imminente, sono i racconti toccanti di persone rianimate e tornate dall’aldilà dopo essere state, si, dichiarate morte, ma… clinicamente morte.


Perché nessuno è mai tornato dalla morte cerebrale.


E questo ovviamente non esclude la possibilità che delle diagnosi possano essere state formulate a torto, nonostante il protocollo ben preciso di test che scienza e legge impongono prima di poter dichiarare una morte cerebrale.



CONCLUSIONE.


In questi 2 video ci siamo addentrati in un labirinto da cui è difficile uscire. Definire la morte è tutto fuorché semplice e credo non si possa avere la pretesa di trattare l’argomento in maniera esaustiva dicendo tutto quello che ci sarebbe da dire.


Per esempio non abbiamo parlato della visione della morte per le religioni o per alcune filosofie esoteriche, per cui la morte ha un significato ben diverso da quello della scienza. La fine dell’esistenza fisica in questa vita non sarebbe altro che l’inizio di altro tipo di esistenza spirituale o energetica in un Aldilà, Il che ovviamente non è provabile scientificamente…e pertanto la scienza non si pronuncia su questa credenza che è propria a miliardi di persone.


E ci tengo a precisare che questi video non hanno assolutamente l’intenzione di spostare le vostre credenze in un senso o nell’altro, ma solo di raccontarvi la scienza … che userete come meglio credete.


Ciò che dice la scienza in maniera veramente perentoria, è che la morte cerebrale è irreversibile e ogni speranza di ritorno è crudele illusione.


Una pubblicazione disponibile sul sito del ministero della salute sostiene che


"Se è certamente drammatica l’ipotesi di classificare morta una persona che invece è viva , è terribile e socialmente riprovevole classificare come vivo una persona già morta, ingannando i parenti e protraendo inutilmente nel tempo cure intensive che si trasformano non tanto in accanimento terapeutico quanto in vilipendio di cadavere. Non arrivare, in tempi adeguati al contesto, ad una diagnosi corretta della morte, è una colpa"


Giacomo Leopardi, che di certo non era un uomo di scienza, scrisse: due cose belle ha il mondo: amore e morte. L’amore è una conquista a cui TUTTI ambiscono, mentre la morte è una certezza da cui TUTTI fuggono. Cos’hanno in comune? Il tutti.


Nel frattempo cari amici, continuate… ad appassionarvi di scienze.

A presto.




FONTI:


https://it.wikipedia.org/wiki/Risurrezione_di_Lazzaro

https://angolopsicologia.com/il-segno-di-lazzaro-morte-cerebrale-e/

https://www.cairn.info/revue-communications-2015-2-page-45.htm

Francesco Paolo de Ceglia (dir.), Storia della definizione di morte, Milano, Franco Angeli, 2014.

https://fr.wikisource.org/wiki/La_Physiologie_de_la_mort,_la_mort_apparente_et_la_mort_r%C3%A9elle

https://it.wikipedia.org/wiki/Corteccia_cerebrale

https://www.gradenigo.it/enciclopedia/anatomia/sistema-nervoso-somatico/#:~:text=L'arco%20riflesso%20si%20realizza,un%20punto%20specifico%20del%20ginocchio.

https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_392_allegato.pdf

https://www.msdmanuals.com/fr/accueil/troubles-pulmonaires-et-des-voies-a%C3%A9riennes/biologie-des-poumons-et-des-voies-respiratoires/contr%C3%B4le-de-la-respiration

Mollaret P., Goulon M. Le coma depassé, Revue Neurol 1959

https://www.caducee.net/actualite-medicale/257/ces-morts-qui-bougent.html




 
 
 

Commentaires


bottom of page