E SE UN ASTEROIDE COLPISSE LA TERRA...DI NUOVO.
- Andrea
- 25 févr. 2023
- 11 min de lecture
Dernière mise à jour : 23 mars 2023
66 milioni di anni fa il famigerato asteroide di Chicxulub, nello Yucatan, ha segnato una delle più importanti estinzioni di massa nella storia del nostro pianeta, durante la quale il sipario calò sulla dinastia dei dinosauri. Qualche domanda è d'obbligo: qual è la probabilità che un evento simile si riproduca ai nostri giorni? Come scongiurare la minaccia? E cosa succederebbe se un altro asteroide come quello dello Yucatan dovesse di nuovo colpire il nostro pianeta?
66 milioni di anni fa un asteroide del diametro di 14 chilometri si schiantò sulla terra nella penisola dello Yucatan, in Messico. L’impatto devastante contribuì fortemente a ridurre al silenzio eterno la più vasta e longeva dinastia animale mai vissuta sulla terra: i dinosauri, e con loro il 75% delle specie allora viventi sul pianeta.
Sappiamo che non fu certo il primo nella storia della terra, e sappiamo che fu il più recente di questa portata, ma la domanda a cui sarebbe importante saper dare una risposta è… come essere sicuri che non ce ne saranno altri.
IL DESTINO DEI DINOSAURI.
Quando si parla dell’impatto di chicxulub, l’asteroide caduto nello Yucatan e che si pensa abbia estinto i dinosauri, si tende spesso a rappresentarlo con enormi corpi celesti che si schiantano sulla terra. Ma attenzione, questi non sono asteroidi di 14 chilometri di diametro, ma piuttosto planetoidi di diverse migliaia, e non estinguerebbero soltanto i dinosauri, ma farebbero decisamente in mille pezzi la terra. Ma corpi celesti di queste dimensioni che viaggiano con orbite casuali si stima non esistano più dai tempi della formazione del sistema solare e dall’epoca in cui si sono equilibrate e stabilizzate le forze gravitazionali.
Tuttavia a prescindere dalle esagerazioni, la maggior parte degli studi mostra un’obiettiva correlazione tra l’impatto di Chicxulub e l’estinzione dei dinosauri. Negli strati geologici di datazione precedente all’impatto si contano in gran numero fossili che testimoniano della grande biodiversità di questi animali, mentre in quelli subito successivi… svaniti nel nulla.
Ma l’evidenza più convincente per il mondo della scienza è sicuramente il cosiddetto limite Cretaceo-Paleogene, noto anche come limite K-Pg.
Scoperto alla fine degli anni '80 da diversi scienziati in ogni parte del mondo, il limite K-Pg è uno strato geologico di roccia che contiene una grande quantità di iridio, un elemento piuttosto raro sulla Terra, ma comune negli asteroidi e la cui datazione coincide proprio con il periodo dell’estinzione di dinosauri e dell’impatto di Chicxulub, che avrebbe dunque cosparso la terra di questo strato d’iridio, 66 milioni di anni fa.
Ma attenzione… se il fatto che un asteroide abbia estinto i dinosauri è una delle vostre certezze più solide, questo è il momento giusto per rimetterla in gioco, perché in realtà altre teorie si stanno facendo largo e sono sempre più accettate da sempre più paleontologi. Si sospetta infatti della oramai nota colossale eruzione vulcanica avvenuta nel Deccan, una regione dell’India, in concomitanza con l’estinzione dei dinosauri. Più o meno come l’impatto di Chicxulub, l'eruzione avrebbe anch’essa rilasciato nell’atmosfera enormi quantità di gas, ceneri e lava, provocando drastici cambiamenti climatici su scala globale.
Insomma, diciamo che le evidenze geologiche e paleontologiche, sono compatibili con entrambe le teorie, e inoltre mostrano che l'estinzione dei dinosauri non è stato un evento improvviso, bensì un processo graduale che si è verificato nell'arco di molti migliaia di anni. E ciò suggerisce che potrebbe essere stato causato da una combinazione di fattori, tra cui l'attività vulcanica, i cambiamenti climatici e l'impatto dell'asteroide di Chicxulub, che sicuramente anche se non dovesse essere stato la causa principale dell’estinzione, avrebbe senz’altro dato una bella spinta verso il baratro.
A quanto pare, tra eruzioni vulcaniche ed asteroidi, la sorte ha voluto assicurarsi bene che i Dinosauri, e le molte altre specie che li accompagnarono nell’oblio, non avessero nessuna speranza di continuare la loro esistenza.
LA PRESA DI COSCIENZA.
Ogni giorno, circa 100 tonnellate di materiale spaziale interplanetario piovono sul nostro pianeta, la maggior parte sotto forma di minuscoli frammenti che si disintegrano nell’atmosfera, senza provocare alcun danno e generando talvolta il fenomeno comunemente chiamato delle stelle cadenti. Alcuni di questi corpi sono meteoriti più grossi o composti da materiali più resistenti, e raggiungono la superficie terrestre. A seconda di dove cadono e della loro grandezza, possiamo avere un’evidenza del loro impatto, nonché ritrovare i meteoriti stessi.
Se sono sufficientemente grandi, gli viene comunemente dato il nome di “bolidi”, come a quello che è esploso sopra la città di Chelyabinsk, in Russia, il 15 febbraio 2013. Un roccia del diametro di circa 20 metri che entrando nell'atmosfera terrestre ad una velocità di circa 60.000 km orari, ha causato una detonazione equivalente a circa 500 chilotoni di tritolo, una trentina di bombe di hiroshima, provocando danni ad edifici e ferendo centinaia di persone. E per fortuna, il bolide si è disintegrato in aria, facendo sì che solo una parte dell'energia fosse trasmessa al suolo, e comunque in una zona relativamente poco abitata.
E poi ci sono gli asteroidi che sono residui rocciosi o metallici della formazione del sistema solare, che variano in dimensioni da quelle di un sasso a fino 1000 chilometri di diametro. La maggior parte di essi orbita stabilmente nella fascia compresa tra Marte e Giove.
Infine le comete sono i corpi ghiacciati di cui si compone la nube di Oort all’esterno del sistema solare. Alcune di queste vengono talvolta attirate verso l’interno dove possono avere orbite altamente ellittiche tali da portarle a distanze estreme dal sole e a passaggi periodici con intervalli fino a decine di migliaia di anni.
Se tutti questi corpi celesti sono oggi ben conosciuti, l’umanità ha cominciato solo recentemente a prendere coscienza del fatto che gli incontri ravvicinati con essi sono una realtà con cui il nostro pianeta ha convissuto per miliardi di anni, e che ne hanno segnato la storia molto più di quanto si era potuto immaginare.
Le missioni apollo degli anni ‘70 cominciarono a far sospettare che i crateri sulla superficie lunare non fossero il frutto di esplosioni vulcaniche, come comunemente si pensava osservandoli dalla terra, bensì le cicatrici di un passato in cui la Luna, e quindi certamente anche la vicina terra, fu oggetto di numerosi e violenti impatti con meteoriti o comete.
E sempre grazie all’avanzamento della tecnologia spaziale e alle tecniche di rilevamento satellitari, si è potuto far luce sul famoso evento della Tunguska, una zona remota della siberia dove nel 1908 un asteroide di 50 metri di diametro diede origine ad un’esplosione così violenta da essere avvertita fino a 1.000 km di distanza ed essere vista ad occhio nudo anche in Europa. Per molto tempo l’inaccessibilità della zona siberiana aveva reso difficile lo studio dell’evento che era dunque rimasto di dubbia natura.
La stessa teoria dell’estinzione dei dinosauri a causa di un impatto fu proposta per la prima volta solo nel 1980 dal fisico Luis Alvarez, fino ad allora si pensava fosse dovuta semplicemente alla selezione naturale ed in particolare al modesto volume del loro cervello nonché alla competizione con gli emergenti mammiferi che ne mangiavano le uova.
L’umanità iniziò forse a farsi qualche domanda su cosa succederebbe se un evento come quello Chicxulub dovesse ripetersi all’epoca in cui 8 miliardi di persone popolano la terra.
Nel 1994 il mondo dell’astronomia scoprì in modo quasi fortuito la cometa Shoemaker - Levy, la cui traiettoria l’avrebbe portata ad una collisione con Giove.
La cometa si divise in 21 frammenti, che si schiantarono uno dopo l'altro sulla superficie del pianeta a partire dal 16 luglio del 1994. Gli impatti furono osservati e registrati da numerosi telescopi a terra nonché dalla sonda Galileo che all'epoca si trovava in prima fila per lo spettacolo nei pressi del gigante gassoso.
L'impatto degli enormi frammenti della cometa sulla superficie (il più grande aveva un diametro di 4 chilometri), causò esplosioni più potenti dell'arsenale nucleare del mondo intero e generò enormi cicatrici visibili per lungo tempo sulla superficie del pianeta.
E sempre un po’ di più, discretamente ma inesorabilmente, l’idea di non essere al riparo da impatti catastrofici si faceva largo tra i timori della comunità scientifica e dell’opinione pubblica.
Nel 1999 fu identificato l’asteroide Ryugu e venne classificato come potenzialmente pericoloso per la Terra, in quanto la sua dimensione era di circa un chilometro di diametro ed i primi calcoli della sua traiettoria lo portavano ad avvicinarsi la terra ad una distanza inferiore a quella della luna. E un asteroide di un chilometro non estinguerebbe l’umanità ma a seconda dell'angolazione e del luogo di impatto causerebbe danni molto estesi. Alla fine Ryugo passò a 9 milioni di chilometri dalla terra, e questo ci fa capire come la traiettoria di un asteroide sia particolarmente complessa da calcolare a causa delle diverse forze aleatorie che possono influire su di essa.
Nel 2018 l’umanità approfittò di questo passaggio relativamente vicino dell’asteroide Ryugo per farvi atterrare la sonda Hayabusa 2 e studiarne la composizione e le proprietà fisiche al fine di iniziare a valutare le possibili strategie per difendere la Terra da possibili future rotte di collisione.
Nella mente della genta era ormai entrata di forza l’idea che se negli ultimi 66 milioni di anni la terra era scampata a tali disastri, questo non significava che la sorte ci avrebbe sorriso in eterno, e per quanto improbabili, nuove collisioni non erano impossibili.
LA STRATEGIA DI DIFESA.
Nel 1999 si tenne a Torino una conferenza internazionale proprio per discutere dei pericoli asteroidali e delle misure da adottare per affrontarli. In questa occasione venne proposta una scala di valutazione del rischio di impatto combinando la probabilità statistica della collisione con i potenziali danni dell'energia cinetica sprigionata.
" Questa classificazione è conosciuta come "scala di Torino". I valori che propone vanno da 0, ovvero nessun rischio di impatto o danni potenziali nulli, a 10, che invece verrebbe attribuito ad impatti quasi certi e le cui conseguenze sarebbero catastrofiche per l'intera biosfera terrestre, come fu il caso dell’asteroide di Chicxulub."
Il famigerato asteroide battezzato Apophis dal nome del dio egizio della distruzione e del caos raggiunse il più alto grado di rischio mai attribuito sulla scala di Torino, che è il valore 4. Con i suoi 370 metri di diametro, le prime stime del 2004 ne prevedevano un passaggio a soli 30 000 km, il giorno 13 aprile 2029.
E 30 mila chilometri rappresentano una distanza inferiore a quella dei nostri satelliti geostazionari, e si può cominciare ad utilizzare l’espressione “sfiorare la terra”.
Ma nel 2006 ulteriori stime riportarono il livello di rischio a 0, escludendo ogni possibilità di impatto, anche se questo non ha impedito ad alcuni media con la loro risaputa sobrietà di continuare a farlo passare per l’apocalisse imminente.
Nel corso degli ultimi anni sono emersi nelle varie agenzie spaziali del mondo sempre più progetti di monitoraggio di questi che verranno chiamati NEO, dall’inglese Near Earth Objects. In particolare la NASA in collaborazione con l’ESA ed altre agenzie spaziali, ha sviluppato un programma che si occupa dei piani di difesa planetaria in caso di identificazione di oggetti in rotta di collisione con la terra.
" è molto semplice! Basterà inviare Bruce Willis per trapanare l'asteroide e ficcargli dentro un paio di bombe atomiche per disintegrarlo. Cosa ci vuole? "
No. Niente missione suicida con Bruce Willis. In realtà i piani di intervento previsti sono piuttosto semplici e ad un relativa portata realizzativa, e al netto di qualche variante in funzione delle caratteristiche dell’asteroide, si possono riassumere in 2 tecniche: l’ ”impatto cinetico”, e il cosiddetto “trattore gravitazionale”.
L’impatto cinetico prevede semplicemente l'utilizzo di un veicolo spaziale, magari equipaggiato di esplosivo, che colpisca l'asteroide ad alta velocità, esercitando così una forza sufficiente a deviarne traiettoria.
Il trattore gravitazionale invece, prevede l'utilizzo di una sonda che si avvicini soltanto all'asteroide, e si stabilizzi in orbita per sfruttare la gravità come traino per spostare il corpo celeste, leggermente ma continuamente, su una lunga distanza.
In generale si considera la tecnica dell’impatto più idonea per gli asteroidi più piccoli ma relativamente già vicini alla Terra, in quanto si richiede un’energia maggiore per generare l'effetto desiderato in minor tempo, mentre il trattore gravitazionale sarebbe più adeguato per gli asteroidi più grandi e più lontani, in quanto l’efficacia di questa tecnica basata su un traino gravitazionale prescinde dalle caratteristiche dell'asteroide e dal suo stato di rotazione.
Ma entrambi i metodi richiedono necessariamente l’elemento più importante, che è semplicemente il tempo d’anticipo, o meglio l’identificazione del pericolo quando l’asteroide si trova ancora ad una distanza dalla terra di diversi anni, se non di decenni. Perché le deviazioni orbitali che si possono produrre restano comunque infime, dell’ordine di pochi gradi o pochi centimetri, ma se protratte per un lungo tempo e su lunghe distanze percorse il risultato finale dello spostamento sarà sufficiente ad evitare l’impatto con la terra.
Ma a quanto pare possiamo dormire tranquilli, perché, dal lancio dei programmi di monitoraggio dei Near Earth Objects, si stima che le agenzie spaziali abbiano identificato oltre il 90% degli asteroidi di oltre un chilometro di diametro con orbite potenzialmente vicine a quella della Terra. Gli astronomi ritengono che ve ne siano solo poche decine ancora da localizzare e, ovviamente, maggiore è la loro dimensione, minore è la possibilità che sfuggano al monitoraggio.
Anche se in fondo… basterebbe ne sfuggisse uno solo…
L’IMPATTO DI CHICXULUB AI GIORNI NOSTRI.
Abbiamo visto che è altamente improbabile, ma… cosa succederebbe se nonostante il programma spaziale di monitoraggio, un asteroide come quello di Chicxulub dovesse cadere di nuovo sulla terra ai nostri giorni? L’umanità si estinguerebbe?
La risposta è: probabilmente no, ma sicuramente le modalità di vita a cui siamo abituati sarebbero stravolte per un lungo periodo, e possiamo essere anche certi che l’evento non mancherebbe di essere citato in ogni libro di storia come il più importante per l'umanità… se i libri continuassero ad esistere.
Secondo i simulatori attuali, l’impatto sprigionerebbe un’energia cinetica pari a più di 200 milioni di megatoni di tritolo. Non cercate di raffigurarvi quanto sia… è giusto inimmaginabile, e non cambierebbe molto se vi dicessi che rappresenterebbe decine di milioni di volte la potenza della bomba atomica di Hiroshima.
Al momento della collisione, provocherebbe un cratere di quasi 200 km di diametro e 30 di profondità, polverizzando letteralmente qualsiasi cosa si trovasse nelle vicinanze immediate.
E, se l’impatto fosse nello Yucatan come 66 milioni di anni fa, la presenza umana nell'America centrale, cesserebbe di esistere entro pochi minuti.
Più lontano, nei continenti nord e sud americano, il sisma avvertito al momento dell’impatto sarebbe più moderato, ma dopo pochi minuti le rocce sollevate e proiettate fin oltre l’alta atmosfera ricadrebbero come bombe fino a migliaia di chilometri di distanza, e poco dopo un’onda d’urto ad oltre 300 metri al secondo di velocità raderebbe al suolo molti edifici e qualsiasi cosa non fosse stata messa al riparo.
In europa le cose si presenterebbero meglio, almeno in un primo momento. Non subirebbe infatti gli effetti immediati dell’esplosione, ma l’onda d’urto la raggiungerebbe dopo poche ore e con essa tsunami ed eventi sismici, anche se non paragonabili a quelli registrati nelle vicinanze dell’impatto.
Avendo il tempo di mettersi al riparo, in Europa e negli altri continenti lontani dal Messico, probabilmente i morti sarebbero relativamente pochi. Ma chi si fosse illuso di averla fatta franca, dovrebbe presto fare i conti con una spaventosa realtà.
Entro pochi giorni, le polveri e i gas liberati dalla collisione avvolgerebbero la terra oscurando una parte della luce solare, in quantità sufficiente a far sprofondare la terra in un inverno globale. Lo zolfo e l’anidride carbonica rilasciati nell’atmosfera, reagendo con l’acqua, scatenerebbero piogge acide e si innescherebbe una reazione a catena di estinzione di piante e animali, terrestri e marini, con il conseguente sconvolgimento irreversibile dell’ecosistema naturale globale.
Malgrado i milioni di morti, forse miliardi, l’umanità non si estinguerebbe, ma si troverebbe di fronte ad una lotta per le risorse primarie come forse mai affrontata prima, e i cui risvolti sono difficili da predire.
Le nazioni si organizzerebbero probabilmente in regimi totalitari il cui unico obiettivo sarebbe quello di mantenere l’ordine tra le popolazioni obbligate a sacrifici e a regole ferree da rispettare e con mestieri, o più che altro incarichi, oramai esclusivamente incentrati sulla produzione di cibo, energia e pochi altri beni di prima necessità.
Gli alimenti potrebbero essere razionati, e potrebbero includere pietanze che almeno noi Europei non ci saremmo mai sognati di mangiare. La democrazia, il libero pensiero e probabilmente l’arte e la cultura in generale sarebbero ormai un inutile lusso che l’umanità non potrebbe più permettersi, se non semi-clandestinamente nei covi di qualche gruppo di irriducibili romantici.
Ma… anche alla notte più buia segue sempre una nuova alba.
E dopo qualche anno le polveri ricadrebbero al suolo e si ritroverebbero le condizioni per una nuova stabilità climatica. Con una popolazione decimata ed una società da ricostruire, nonché con l'ottimismo di chi pensa che il peggio sia alle spalle, l’umanità potrebbe conoscere una nuova epoca d’oro di prosperità e di rinascita.
Nel giro di pochi decenni le generazioni seguenti potrebbero parlare di quella triste epoca post-impatto apocalittico, con lo stesso distacco con cui noi oggi pensiamo al medioevo e all’epoca oscura in cui si bruciavano le streghe.
CONCLUSIONE.
Gli impatti di eventuali asteroidi sono l'unico disastro naturale potenzialmente prevenibile. Perché a pensarci bene di tutti gli altri eventi come terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche, cicloni o inondazioni… ne siamo semplicemente in balia e, qualora si producano, non possiamo fare altro che cercare di limitare i danni salvando il salvabile.
Ma grazie ai programmi di ricerca spaziale, possiamo oggi dire con ragionevole certezza, che non sarà probabilmente a causa di una collisione spaziale che l’umanità vedrà i suoi giorni arrivare al termine.
Il monitoraggio permette di localizzare la maggior parte degli asteroidi, soprattutto se di grandi dimensioni, con sufficiente anticipo per poter mettere in opera delle tecniche di deviazione che, per quanto siano ancora sperimentali, sono sempre più alla portata realizzativa della scienza moderna.
Come disse ironicamente lo scrittore Larry Niven «…i dinosauri si sono estinti, semplicemente perché non avevano un programma spaziale…».
E nel frattempo, cari amici, liberi dal pensiero che un asteroide possa minacciare i nostri giorni, potete continuare ad appassionarvi di scienze.
A presto.




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